«Bisogna tenere il governo al riparo da fibrillazioni, dice il premier Paolo Gentiloni nel corso della riunione del consiglio dei ministri, e comunica la propria «vicinanza» al ministro dello Sport Luca Lotti. Il governo è ancora deciso a fare muro intorno all’uomo di fiducia di Matteo Renzi. Ritiene di avere i numeri per respingere la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle al Senato e ha ragione. Ma di qui a tenersi al riparo ce ne passa.

Il prezzo che governo e Pd dovranno pagare per questa difesa a oltranza non sarà meno caro di quello, salatissimo, che è costato a Renzi la difesa di Maria Elena Boschi dopo il fattaccio di Banca Etruria. Anche perché suona strano e rende ragione della confusione che regna nell’esecutivo un governo che difende Lotti il quale di fatto accusa Luigi Marroni di mentire ma allo stesso tempo mantiene l’amministratore delegato di Consip in una posizione di rilievo alle dipendenze del Ministero dell’Economia.

Ieri M5S ha scritto al presidente del Senato chiedendo che la mozione arrivi in aula con la massima urgenza. La conta sul pallottoliere è già cominciata, ma è un esercizio inutile dato che Forza Italia voterà contro il licenziamento di Lotti. «Non abbiamo mai votato mozioni di sfiducia individuale», taglia corto il capo dei senatori azzurri Paolo Romani. Ufficialmente è questione di garantismo: per alcuni lo è davvero. Poi ci sono i dubbi sull’utilità della mossa, come assicura Maurizio Gasparri: «E’ una pistola scarica. Il governo ha già 180 voti a favore». In realtà serpeggia la paura che quel voto possa essere l’incidente atteso per far saltare il banco e votare subito e soprattutto che una mossa del genere porti acqua solo al mulino dei nemici esterni, M5S, e di quelli interni, la Lega.

Con il voto di Fi il match sarebbe aperto. Senza non c’è partita. La mozione sarà votata da Sinistra italiana, come ha annunciato la capogruppo Loredana De Petris: «Sarebbe auspicabile che Lotti si dimettesse per serietà. Altrimenti voteremo la mozione». Sul voto della Lega non ci sono dubbi, mentre gli scissionisti dell’Mdp non hanno ancora deciso come comportarsi ma sono fortemente tentati dall’appoggiare i 5 Stelle. «Il garantismo non può essere usato come cortina fumogena», dice il capogruppo alla Camera Laforgia e Arturo Scotto rilancia chiedendo che a ogni buon conto Gentiloni ritiri le deleghe a Lotti. Gli alati del Denis Verdini fresco di condanna difenderanno il ministro dello Sport e così farà l’area centrista dell’ormai disciolto Ncd più spezzoni vari.

Ma i risultati della conta a palazzo Madama e quelli del rendiconto politico complessivo non vanno per forza nella stessa direzione e in questo caso c’è il forte rischio che la vittoria in aula, sempre che Grasso accolga la richiesta di calendarizzare la mozione, comporti una sconfitta secca fuori dal Parlamento. Nel Pd la tensione è già arrivata alle stelle. Dopo che Gianni Cuperlo, dagli studi di Piazza Pulita, aveva chiesto a Lotti di fare «un passo di lato», il solitamente tranquillo Emanule Fiano ha perso i nervi con una replica a un passo dall’insulto: «Vedere una persona misurata come Cuperlo usare lo sciacallaggio nei confronti di Lotti dà la misura di a che punto si possa arrivare». Più tardi Fiano si è scusato con Cuperlo, ma nel frattempo altre voci si erano levate dagli spalti dell’opposizione interna al Pd. Massimo Mucchetti, presidente della commissione Finanze del Senato, ha rilasciato un’intervista all’Huffpost che è in realtà una dettagliata requisitoria contro Renzi e il suo modo di governare. Il candidato Michele Emiliano, uno dei testimoni che inguaiano Lotti, invita il Pd a scaricare l’uomo di Renzi: «Non ci si deve preoccupare tanto di Lotti quanto di Gentiloni. Si potrebbe facilmente evitare che questa mozione diventi una trappola mortale per il Pd».

E’ evidente che una situazione del genere, nonostante gli auspici di Gentiloni, provocherà invece, anche indirettamente, fibrillazioni a non finire. Un primo assaggio lo si è avuto già ieri quando Orlando è arrivato al litigio col collega Costa per imporre la fiducia sul suo ddl penale. Ma soprattutto l’immagine di Renzi, dell’intero Pd e del governo finirà più che mai nel tritacarne. Grillo lo sa e cerca di massimizzare il vantaggio: «Vogliamo vedere se nei rappresentanti dei cittadini è rimasto un briciolo di dignità. Li sfidiamo a votare la nostra mozione».