Sarà un caso che Londra avesse annunciato appena pochi giorni fa l’invio in Ucraina di 10 veicoli blindati per garantire la sicurezza degli osservatori Osce e altre dieci auto corazzate fossero state loro consegnate da Pëtr Poroshenko, con l’assicurazione presidenziale che «questi veicoli contribuiranno immensamente a garantire la sicurezza e la pace».

È di ieri la notizia che osservatori Osce sono stati presi a fucilate da forze ucraine (nella foto reuters): martedì a Debaltsevo, a un posto di blocco governativo; mercoledì nei pressi di Marjnka. Non ci sono vittime tra gli osservatori, pur se i proiettili sono rimbalzati sulle loro auto. Al momento operano in Ucraina oltre 250 osservatori, con previsione di raddoppiarne il numero entro fine anno, anche se il consigliere presidenziale ucraino Igor Smeshko avrebbe detto che «l’Osce, di fatto, è inutile. Questo è un conflitto con la Russia, in cui sono coinvolte Europa e America». Mosca, che ha più volte parlato della necessità del coinvolgimento di forze terze per un controllo effettivo del cessate il fuoco (le milizie avevano rimproverato l’Osce di rimanersene al sicuro nelle proprie postazioni) ha protestato vivacemente; il portavoce del Ministero degli Esteri, Alexandr Lukashevic ha detto «È un fatto scandaloso, tenuto conto che la parte ospitante deve garantire le condizioni di sicurezza degli osservatori internazionali».

Purtroppo, il bilancio vero della guerra scatenata da Kiev contro le popolazioni del Donbass è ben più tragico: se il rapporto Onu dello scorso 11 novembre parlava di 4.132 morti (comprese le 298 vittime del Boeing malese abbattuto a luglio) e 9.747 feriti da metà aprile, già al 18 novembre i morti erano 4.317 e i feriti 9.921; di essi, 957 morti solo dall’entrata in vigore formale del cessate il fuoco, lo scorso 5 settembre. Secondo l’ONU, inoltre, che insiste sulla necessità di indagare sull’uso di bombe a grappolo da parte di Kiev, molti dei cadaveri rinvenuti nelle fosse comuni nel Donbass, potrebbero essere di miliziani o di civili catturati dai governativi allorché controllavano l’area. Intanto a Kiev, dove ieri è giunto il vicepresidente Usa Joe Biden, con il compito di accelerare la formazione della coalizione governativa, a quasi un mese dal voto del 26 ottobre, il replicante premier Arsenij Jatsenjuk ha annunciato la possibilità che l’Ucraina proceda in modo unilaterale alla realizzazione del cosiddetto “Vallo europeo”, senza attendere i lavori della commissione russo-ucraina per la demarcazione confinaria.

Un passo distensivo è giunto invece da Angela Merkel che, in visita in Polonia, ha dichiarato che «solo insieme con la Russia siamo in grado di assicurare la sicurezza in Europa. Per noi le sanzioni non sono fini a se stesse. Serve avviare un dialogo». Ma proprio sulle sanzioni, il Presidente della Commissione esteri della Duma Aleksej Pushkov, ha detto che, di fatto, la Ue sta ricattando la Serbia, volendola convincere a unirsi alle sanzioni antirusse, pena il non ingresso nella Ue. Curiosa vicenda, infine, tra il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e il capo del Dipartimento di Stato USA John Kerry: secondo Lavrov, Kerry lo avrebbe invitato a non prestare attenzione alle parole di Barack Obama, che a Brisbane aveva paragonato la Russia a Isis e Ebola. A Washington hanno dichiarato che Lavrov ha frainteso le parole di Kerry.