C’è caldo. C’è Lucifero. In città si muore. Le poche ore passate giovedì in città sono state asfissianti e sudate. Un vago refrigerio in una piazza a Trastevere proveniva da un tombino sbucacchiato da cui fuoriusciva aria fresca senza un perché. Sotto casa mia, in un vicolo isolato, un barbone dall’aria familiare aveva astutamente attaccato un tubo di gomma ad una fontanella e innaffiava se stesso dalla testa ai piedi con notevole goduria (dopo mezz’ora sono ripassata e stava ancora lì: un senzatetto decisamente pulito).ù

Nel 1989, durante il mese di agosto andai a Londra col mio fidanzatino: appassionati di cinema, studenti della prima ora, passammo molto tempo dentro le sale cinematografiche a vedere anteprime di film che avevano appena fatto incetta di premi a Cannes e che a Roma chissà quando sarebbero arrivati. La palma d’oro era andata a un regista afroamericano chiamato Spike Lee di cui non avevamo mai visto niente, forse non lo avevano ancora distribuito in Italia, forse solo perché eravamo dei pischelli. Do the right thing ci sconvolse la vacanza (e, in parte, la vita): nel freschetto londinese passare due ore intere in una Brooklyn infuocata in mezzo agli scazzi interrazziali tra italoamericani e neri, tutti frequentatori della Pizzeria di Sal fu come l’esplosione di un temporale apocalittico durante una passeggiata nel giardino dell’Eden.

Non c’erano sottotitoli (ovvio: eravamo nel Regno Unito), il film era parlato in slang americano misto a parole italiane smozzicate, avremo capito, grasso che cola, il settanta per cento delle battute ma forse anche meno. Però ci piacque da impazzire. Per il caldo (che notoriamente da alla testa) i protagonisti fanno cose da pazzi: smantellano dal marciapiedi un idrante e si schizzano tra loro e spruzzano i bambini e i passanti tutti, anziani zoppicanti, donne di mezza età in pensione, studenti sfigati, l’attore famoso, il fanatico sportivo con le sue luccicanti scarpe da ginnastica nuova.

Tutti traggono refrigerio da quell’acqua inaspettata: c’è chi lo ammette, chi lo rifiuta, chi se ne vergogna. L’afa trasuda nella scena sexy tra il ragazzo delle consegne a domicilio (interpretato dallo stesso regista) e la compagna che gli ha ordinato una pizza solo per farci l’amore: i cubetti di ghiaccio della Coca-Cola rotolano sulla pelle e si sciolgono in rivoli sensuali che concludono in baci, carezze, amore. La calura, lo stato d’animo svenevole che ne consegue, il termometro che supera i quaranta gradi sono le condizioni di questi giorni: forse il barbone vicino di casa ha visto Fa’ la cosa giusta. O dovrebbe vederlo: lo amerebbe quanto lo amammo noi.