L’Onda di chi ci mette la faccia inizia da Roma, oggi. Senza il premier Matteo Renzi che «ha finora deluso le aspettative (degli organizzatori, ndr) di una svolta e di impegni presi, peraltro insufficienti», senza ancora una delega assegnata in materia di pari opportunità, e senza neppure un rappresentante dell’esecutivo, perché pure a essere giovani ed europei c’è un limite, in Italia. Ma con Niki Vendola, il cui volto da guerriero orgoglioso della propria omosessualità ha invaso i muri della capitale. E con il sindaco Ignazio Marino che si aggancia allo slogan del Roma Pride 2014, «Adesso fuori i diritti». Entrambi parteciperanno alla parata, organizzata dal Circolo Mario Mieli, che partirà oggi pomeriggio alle 16,30 da Piazza della Repubblica (concentramento alle 15) e attraverserà il centro fino a via dei Fori imperiali e largo Corrado Ricci. Poi, nel giorno di ricorrenza dei moti newyorkesi di Stonewall, il 28 giugno prossimo l’Onda Pride si propagherà su tutto il territorio nazionale: Alghero, Bologna, Catania, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino e Venezia. E infine Siracusa il 5 luglio e Reggio Calabria il 19 luglio. Niente unico Pride nazionale, quest’anno, perché anche le organizzazioni per i diritti Lgbtqi a volte litigano su quale debba essere la città ospitante. E così, tredici parate al posto di una.

Ma non c’è solo folklore e provocazione, nei Pride di quest’anno. Inutile mostrare i denti con un sorriso, meglio prepararsi con una «haka» e tirare fuori le unghie per rivendicare diritti uguali per tutti. «È un pessimo segnale che il governo non abbia ancora assegnato deleghe in materia di Pari opportunità – attacca Andrea Maccarrone, portavoce del Roma Pride e presidente del Mario Mieli – Il governo paga il pegno alla parte più conservatrice del Pd e della sua alleanza. A Renzi diciamo che è finita l’era delle promesse. Per far ripartire il Paese bisogna creare speranza, partendo dai bisogni e dai diritti delle persone. I diritti non si concedono, non si regalano e non si dividono, ma devono essere riconosciuti pienamente e senza formule astruse e incomprensibili, senza istituti ghetto utili solo a ribadire le discriminazioni e una cittadinanza di serie B».

Proprio ieri l’Istat, pubblicando i risultati del 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni, ha conteggiato in oltre 7.513 le coppie omosessuali conviventi spiegando però che il dato «è sottostimato perché raccoglie solo quelle persone che hanno scelto di dichiarare la loro relazione affettiva e la loro convivenza». La maggioranza delle coppie dello stesso sesso che “ci hanno messo la faccia” è concentrata nell’Italia settentrionale ed in particolare nel Nord-Ovest, dove vive il 41,7% di esse. Il resto è sommerso. Ed è normale che sia così, se, come ricorda il sottosegretario alle Riforme e ai rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto, «non credo ci siano mai stati membri di esecutivi del passato che hanno partecipato al corteo». Né ci saranno questa volta. Anche se, assicura l’esponente Pd dichiaratamente gay, «l’agenda dei diritti e della pari opportunità è un cantiere non ancora avviato, ma pronto a partire alla svelta». Riguardo le deleghe alle Pari opportunità, «il fatto che siano affidate a Matteo Renzi – spiega Scalfarotto – è piuttosto indicativo della sensibilità e dell’impegno del governo verso queste materie».

Di certo c’è che a Roma oggi sfilerà anche la «marcia per la famiglia» e contro il Pride organizzata da Forza Nuova da piazza Mazzini a Castel Sant’Angelo attraversando il quartiere Prati. Nessun pericolo. Solo il caso di ribadire, con fierezza, «ci vediamo fuori».