La situazione epidemiologica continua a migliorare, secondo gli esperti del Ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità che ogni settimana, ormai da un anno esatto, monitorano l’andamento della pandemia. Lo dicono i dati del giorno, che parlano di 7.500 nuovi casi positivi al virus e 182 decessi di Covid-19. Lo confermano i dati settimanali, in cui l’incidenza del virus scende a 103 casi su centomila abitanti in sette giorni, -19% su base settimanale. Con il nuovo quadro del contagio, anche la Sicilia e la Sardegna passano in zona gialla e solo la Val d’Aosta è ancora in arancione. L’ordinanza firmata nel pomeriggio di ieri dal ministro della salute Roberto Speranza entra in vigore da lunedì.

VIENE SCONGIURATO, dunque, il ritorno in zona arancione di qualche regione, un’evenienza agitata ad arte per screditare l’indice Rt, il nemico pubblico numero 1 per i governatori regionali. In realtà, l’indice Rt questa settimana è calato a 0,86 dopo gli aumenti delle scorse settimane legati soprattutto ai casi tra i bambini rilevati alla riapertura delle scuole. L’incidenza scende sotto i 50 casi in Sardegna, Molise e Friuli-Venezia Giulia: se si adottasse il sistema di monitoraggio proposto dalle Regioni, queste tre regioni andrebbero in zona bianca. Nelle prossime ore si attendono decisioni sul nuovo algoritmo per stabilire le diverse sfumature di rosso. Il Comitato tecnico scientifico, che finora ha seguito un criterio fondato soprattutto sull’indice Rt e molto diverso da quello proposto dai governatori, smentisce tensioni. «Con le Regioni continuiamo a collaborare. Le loro proposte sono attualmente in discussione», smorza i toni Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss e portavoce del Cts. Ma precisa che «di indicatori di allerta precoce – come il vituperato indice Rt – abbiamo ancora bisogno».

CALANO ANCHE le preoccupazioni per il carico di pazienti sugli ospedali, visto che sia nei reparti ordinari che in terapia intensiva il Covid occupa il 24% dei letti, cioè meno delle soglie critiche che indicano una saturazione delle strutture sanitarie. Gran parte del merito va ai vaccini, concorda Gianni Rezza. Regioni come la Lombardia, che hanno iniziato le vaccinazioni al ralenti, adesso programmano per giugno le vaccinazioni dai 16 anni in su. L’Oms ieri ha provato a stopparle: «Capisco le ragioni dei Paesi che intendono vaccinare bambini e adolescenti – ha detto ieri il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus – ma in questo momento li invito a riconsiderare la decisione e piuttosto donare i vaccini al programma Covax», l’iniziativa dell’Oms per portare 2 miliardi di dosi nei Paesi poveri.

Concorda con l’appello dell’Oms il direttore generale della Prevenzione al Ministero della salute Gianni Rezza. «Io lo chiamo “altruismo interessato”. L’esperienza del Brasile, del Sudafrica, dell’India insegna che lasciar circolare il virus facilita lo sviluppo di varianti». Se queste varianti virali si rivelassero capaci di aggirare gli anticorpi dei vaccinati, saremmo a rischio anche noi, nonostante le dosi accaparrate. Rezza però rassicura sulle varianti indiane: «Non ci sono segnali di una maggiore aggressività clinica – spiega – e la capacità di evadere la risposta immunitaria e contagiare i vaccinati per ora non sembra essere tale da preoccuparci quanto la variante sudafricana».

TUTTAVIA, difficilmente rinunceremo alle dosi acquistate e la campagna vaccinale coinvolgerà a spron battuto fasce di età sempre più bassa. Ad ogni modo, nemmeno nell’ultima settimana si è mantenuto il ritmo promesso dal commissario Figliuolo: secondo i dati diffusi dal governo, si iniettano circa 450 mila al giorno, non il mezzo milione previsto. Il passo potrebbe aumentare grazie agli «open day», come quello organizzato per oggi e domani dalla regione Lazio, in cui chiunque con più di 40 anni ha potuto prenotarsi per ricevere la prima dose del vaccino AstraZeneca (fino a esaurimento posti).

Rezza ha confermato che chi è stato immunizzato con il vaccino inglese riceverà anche la seconda dose. Secondo i dati del Regno Unito ci sono stati 8 casi avversi su 8 milioni di seconde dosi. «Sono confortanti per la nostra decisione di offrire lo stesso vaccino anche per la seconda dose. Se un caso su centomila dosi era considerato un evento raro, uno su un milione va considerato eccezionale».