L’Organizzazione mondiale della Sanità critica la Ue per aver messo in atto un dispositivo, entrato in vigore ieri, per controllare l’export dei vaccini, in seguito alla forte polemica con l’azienda farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca. È «sempre oggetto di inquietudine veder restringere l’export di quello che può essere considerato un bene pubblico mondiale», afferma l’Oms, che ricorda che i vaccini sono fabbricati a partire da componenti che provengono «dal mondo intero». I controlli Ue rischiano di «vanificare gli sforzi planetari per assicurare un accesso equo» ai vaccini e per di più fanno correre il rischio di «rappresaglie» e di «destabilizzazione di catene di produzione essenziali».

La Commissione ha cercato di giustificarsi, sottolineando che il dispositivo di controllo all’export prevede delle «eccezioni» per i paesi vicini, che vanno dalla Svizzera ai Balcani, ma non riguardano la Gran Bretagna, con cui è in corso un braccio di ferro sulla destinazione delle produzioni dei siti di AstraZeneca.

Nel contratto con AstraZeneca, che è stato reso pubblico dalla Ue venerdì con molte cancellature, non compare la questione del «bene pubblico»: anzi, c’è una frase che stabilisce che il laboratorio farmaceutico è il solo proprietario dei «diritti di proprietà intellettuale» e dei «diritti di sfruttamento» del vaccino. Anche se a finanziare il vaccino sono stati soldi pubblici. Il gruppo S&D al Parlamento europeo ha denunciato l’attitudine delle case farmaceutiche che vogliono «trascinarci in una specie di asta per aumentare i loro profitti». La Ue ha già versato a AstraZeneca i due terzi dell’impegno di 336 milioni di euro dopo l’entrata in vigore del contratto, firmato il 27 agosto scorso, mentre l’ultimo terzo di questa cifra sarà consegnato a breve, il contratto dice 20 giorni prima della messa sul mercato delle dosi (il vaccino è stato autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco l’altro ieri). Saranno poi gli stati a pagare complessivamente un po’ più di 500 milioni di euro, per le dosi ordinate singolarmente, per raggiungere la cifra di 870 milioni, che è il costo della prima fornitura di 300 milioni di dosi (più 100 in opzione), un montante che stando sempre al contratto potrà salire a un miliardo e 44 milioni di euro, se i costi di produzione aumentano almeno del 20%.

La questione del «bene pubblico» è centrale. La Banca Mondiale afferma che 500 milioni di persone cadranno in grande povertà nel mondo a causa del Covid, e che questo potrebbe causare una destabilizzazione generale. Sulla carta la Ue ha ordinato 2,4 miliardi di dosi e con i soli tre vaccini già autorizzati ne dovrebbe ricevere abbastanza per vaccinare 550 milioni di persone (100 milioni in più del numero di abitanti). La Ue quindi avrà tra breve i mezzi per consegnare dosi ai paesi vicini in difficoltà, ma già i Balcani non si fidano e si sono rivolti a Cina e Russia.

I controlli sull’export dei vaccini saranno applicati per 6 settimane, per il momento. Il controllo e le autorizzazioni all’export saranno effettuati dagli stati membri sulla base delle «raccomandazioni» della Commissione. Nel braccio di ferro con Londra potrebbero finire nel mirino le dosi di Pfizer prodotte in Belgio per la Gran Bretagna. Ma a farne le spese sarà per esempio anche il Canada, che ha ordinato 100 milioni di dosi prodotte nella Ue, visto che deve far fronte alle restrizioni all’export imposte dagli Usa, in questa corsa mondiale al nazionalismo vaccinale.

I controlli di Bruxelles sono anche retroattivi: la Ue analizzerà l’export degli ultimi tre mesi, per verificare che altri paesi, Gran Bretagna in testa, non siano stati favoriti, in particolare da AstraZeneca, malgrado il contratto firmato con la Commissione. In extremis, difronte a una levata di scudi generale la Commissione ha modificato una prima stesura del testo sui controlli all’export, che imponeva controlli alle frontiere tra Eire e Irlanda del Nord, mettendo a rischio la pace del Good Friday e tutta la costruzione del Brexit, che deve ancora essere ratificata.