Nella giornata di ieri sono stati registrati 70 nuovi decessi per il Covid-19. Le vittime salgono così a 33.142. I malati in terapia intensiva sono 489, 16 meno di ieri. Tuttavia, per il terzo giorno consecutivo il numero di nuovi casi positivi è cresciuto: 593 quelli rilevati ieri in tutta Italia. 384, quasi i due terzi del totale, sono stati rilevati nella sola Lombardia, il cui sistema sanitario rimane il grande accusato.

SECONDO LA FONDAZIONE GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) i dati sul monitoraggio della regione potrebbero non dirci la verità. «In Lombardia si sono verificate troppe stranezze sui dati nel corso di questi tre mesi» ha denunciato a Radio24 il presidente della fondazione Nino Cartabellotta, che durante tutta l’epidemia ha esercitato una costante opera di fact-checking.

Secondo il Gimbe, molti soggetti dimessi dagli ospedali ma positivi sono stati aggiunti al numero dei guariti. Ritardi nella comunicazione dei dati potevano essere giustificati solo nella fase dell’emergenza, ha proseguito Cartabellotta. «Eppure i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase 2. È come se ci fosse una sorta di necessità di mantenere sotto un certo livello quello che è il numero dei casi diagnosticati». L’insufficiente numero di tamponi rischia di falsare la sorveglianza. «Il decreto del 16 maggio ha affidato interamente alle Regioni la responsabilità del monitoraggio», spiega. «Questa coincidenza di controllore e controllato può far sì che ci siano comportamenti di tipo opportunistico come quello di effettuare meno tamponi diagnostici». Riaprire del tutto la mobilità interregionale il 3 giugno, in queste condizioni, non è possibile. «La soluzione più ragionevol»”, suggerisce Cartabellotta, «sarebbe ‘mantenere le limitazioni solo nelle tre Regioni più a rischio (Lombardia, Piemonte e Liguria, ndr)».

L’accusa del Gimbe non è nuova. Già in un rapporto del 7 maggio aveva invitato il governo a «neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi». Stavolta però le accuse non sono passate inosservate. «Gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero», le giudica una nota della Regione Lombardia. «Nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’Iss ha sempre validato». Nel pomeriggio, un’altra nota della Regione ha annunciato una querela in arrivo per Cartabellotta. «Essere querelati per aver detto la verità è un grande stimolo per andare avanti» la sua risposta.

L’OPPOSIZIONE ALLA GIUNTA leghista invece vuole vederci chiaro. Secondo Gian Antonio Girelli, capodelegazione del Pd nella commissione Sanità del consiglio Regionale, «il numero limitato di test e tamponi, per scelta della Regione, aumenta il sospetto che la dimensione del contagio non sia correttamente rilevata». Il Pd chiederà di ascoltare Cartabellotta in audizione. Più duro Francesco Laforgia, senatore di LeU, che annuncia un’interrogazione e chiede «una discussione seria sulla possibilità di commissariare la sanità in Lombardia».

L’EVENTUALITÀ ERA STATA SOLLEVATA anche in mattinata durante l’audizione del ministro per gli affari regionali Francesco Boccia presso la Commissione parlamentare sul federalismo fiscale, ma era stata subito esclusa: «Il commissariamento della sanità lombarda non è mai stato all’ordine del giorno e non ci sono elementi per valutare un provvedimento di questa natura», aveva risposto Boccia.

Il ministro è tornato anche sulla proposta dei governatori di Sardegna e Sicilia di accogliere sulle isole solo i turisti muniti di un certificato di negatività. «Rileggete l’articolo 120 della Costituzione», ha detto Boccia. «Una Regione non può adottare provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone. E poi se gli scienziati dicono che non ci sono passaporti sanitari, non ci sono». Dunque la riapertura non farà distinzioni tra una regione e l’altra: «Se ripartono, lo fanno senza distinzioni sul profilo dei cittadini di ogni regione», ha detto. «La distinzione tra cittadini di una città rispetto all’altra non è prevista, se siamo sani ci muoviamo». Ma il governatore della Sardegna Christian Solinas non si arrende.

«Anticostituzionale? Da un ministro mi sarei aspettato qualche soluzione visto che manca poco al 3 giugno» ha detto a Radio Rai. «Chi è senza certificato dal mio punto di vista non può imbarcarsi in partenza, quindi non arriva in Sardegna».