Lombardia in arancione, dopo la figuraccia dei dati
Sballati L’Iss smonta la protesta della Regione: la rettifica è stata inviata solo mercoledì 20. Al centro del caos la contestata zona rossa, sui cui lunedì è attesa la decisione del Tar. Con i numeri corretti si sarebbe potuta evitare una settimana di chiusura
Sballati L’Iss smonta la protesta della Regione: la rettifica è stata inviata solo mercoledì 20. Al centro del caos la contestata zona rossa, sui cui lunedì è attesa la decisione del Tar. Con i numeri corretti si sarebbe potuta evitare una settimana di chiusura
Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 13 mila nuovi casi positivi al coronavirus e 472 decessi per Covid-19. L’epidemia non esplode come negli altri paesi europei, ma non è nemmeno in remissione. Mentre il numero di contagi mostra una lieve discesa (in una settimana, siamo passati da 16 mila a 13 mila nuovi positivi giornalieri in media), quello dei decessi è rimasto pressoché costante: in questa settimana si sono registrati in media 478 morti al giorno, solo 9 in meno rispetto ai 487 di sette giorni fa. L’indice Rt a livello nazionale è a 0,97, vicinissimo all’unità che indicherebbe la perfetta stabilità.
AD AGITARE una situazione stagnante ci ha pensato come sempre la Regione Lombardia. Chi sperava in una normalizzazione dei rapporti con il governo con la cacciata dell’assessore Giulio Gallera sostituito da Letizia Moratti ha dovuto ricredersi. Dopo il declassamento in zona rossa della settimana scorsa, che secondo l’ordinanza ministeriale sarebbe dovuto durare due settimane, la giornata di ieri ha mostrato di nuovo lo stato confusionale della regione alle prese con la pandemia. Sulla base di nuovi dati inviati dalla regione solo mercoledì, la Cabina di regia composta dai tecnici del ministero della salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha rivisto i parametri che avevano condotto all’ordinanza che la collocava in “rosso”. E ha spinto il ministro Speranza a un inedito dietro-front: la zona rossa in Lombardia finirà in anticipo domenica 25 e la regione tornerà in arancione. Dove avrebbe già dovuto essere, senza i pasticci dell’amministrazione Fontana.
LE PRESSIONI per annullare l’ordinanza erano iniziate già all’inizio della settimana. Fontana era ricorso al Tar del Lazio contro la decisione di Speranza e la sentenza era attesa per lunedì prossimo. Secondo la Regione, infatti, i criteri di valutazione del rischio epidemico del ministero darebbero troppo peso all’indice di trasmissione Rt rispetto all’effettiva incidenza del virus, cioè al numero di infetti che darebbe una misura più corretta della dimensione dell’epidemia. Ma non sono queste le ragioni che hanno permesso la correzione della valutazione del rischio. I tecnici dell’Iss, infatti, hanno già spiegato in diverse occasioni come Rt sia in grado di anticipare le future evoluzioni del numero degli infetti. Dunque, è più utile ad assumere provvedimenti in grado di anticipare l’evoluzione dell’epidemia, senza aspettare che la situazione diventi incontrollabile. Se lunedì i giudici del Tar non condivideranno l’approccio degli esperti e daranno ragione alla giunta Fontana, potrebbe saltare tutto il sistema dei 21 indicatori messo in piedi dal ministero per adottare le misure di contenimento della pandemia.
IN REALTÀ, ciò che ha permesso il rientro in zona arancione della Lombardia è stata la riclassificazione dei casi positivi asintomatici, che in un primo tempo la regione aveva sottostimato. A cascata, la rivalutazione ha diminuito il numero dei casi sintomatici (gli unici utili al calcolo dell’indice Rt) di circa cinquemila unità, riportando l’indice relativo alla scorsa settimana a 0,88 da 1,4. Non si è trattata di un ritardo nei dati comunicati dalla regione, che avrebbe persino peggiorato la situazione, ma di un riesame di dati già completi, spiegano i tecnici.
Che in Lombardia ci sia qualche problema nel monitoraggio dei casi è un dato certo: secondo il rapporto settimanale della cabina di regia, la regione fornisce informazioni complete solo sul 68% dei casi sintomatici, la peggiore performance in Italia. Inoltre, il tasso di occupazione delle terapie intensive è ancora superiore alla soglia critica del 30%. Perciò, nonostante la ricollocazione della Lombardia sulla mappa colorata, la valutazione sostanziale del rischio della regione in ogni caso non migliora: «Il cambiamento nei dati non comporta un cambiamento nella classificazione del rischio della Regione che rimane a rischio “Alto di una epidemia non controllata e non gestibile”» recita la nota della cabina di regia diffusa per spiegare la ragione dell’inedito dietro-front. Per ribadire che a mettere nei guai la Lombardia era stata la sua stessa disorganizzazione e non le presunte valutazioni errate dei tecnici, il ministero ha ribadito in serata la «massima fiducia nell’Istituto Superiore di Sanità che dall’inizio della pandemia di Covid-19 è al lavoro per affrontare l’emergenza».
NEL RESTO DEL PAESE, il report settimanale della cabina di regia mostra ancora 10 regioni con un indice di trasmissione superiore a 1. Va peggio in Molise (1,38) e Sicilia (1,27), mentre la regione in cui il virus corre meno è la Campania (0,76). L’aumento dei casi e la criticità delle terapie intensive sull’isola fanno scattare la zona arancione in Sardegna, mentre non cambiano i colori per le altre regioni. Sono ancora “gialle” Toscana, Basilicata, Trentino, Campania e Molise mentre in rosso rimangono solo la Sicilia e la provincia di Bolzano, dopo la promozione strappata dalla Lombardia.
In arancione tutte le altre regioni.
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