Stiamo vivendo un periodo nel quale vi è una grande attenzione ai problemi della natura, in particolar modo quella acquatica. Si parla molto, infatti, dell’inquinamento causato dalla plastica negli Oceani, grazie ad una campagna di sensibilizzazione promossa fra gli altri da Greenpeace, e seguita da una serrata informazione sull’argomento. Quando si osserva il panorama dall’alto, può capitare però di perdere la visione delle piccole cose, di tralasciare argomenti che a prima vista possono apparire di poca importanza, ma che invece nell’ottica della natura, delle catene della vita che essa crea, sono fondamentali.

UN ESEMPIO DI TUTTO CIO’ E’ DATO da un animale di primo acchito ritenuto insignificante, ma che invece ha un senso ben preciso nell’ordine delle cose: l’oloturia. Questo piccolo essere vivente, classe Holothuroidea, phylum Echinodermata, quello delle stelle marine e dei ricci di mare, è ben noto a chiunque nella sua vita abbia mai messo la testa sott’acqua con maschera e pinne. Magari lo si conosce però con altri nomi, dei quali alcuni qui non ripetibili, oppure con quello che rappresenta l’immagine più comune: il cetriolo di mare, per la sua grande somiglianza con l’ortaggio. Di oloturie esistono ben 1.250 specie diverse, come riportato anche dal National Geographic, ma le caratteristiche morfologiche e le abitudini di vita sono simili per quasi tutte.

SI TRATTA DI ANIMALI CON UN CORPO cilindrico allungato con bocca ed ano alle estremità opposte e dimensioni che spaziano dai due centimetri al metro e mezzo. Sebbene non abbiano ossa, possiedono uno scheletro rudimentale costituito da microscopiche piastre di carbonato di calcio, che li rendono come «elastici», ed hanno una caratteristica incredibile: in caso di attacco di un predatore, sono in grado di espellere alcuni organi interni, fra cui il lungo intestino, saziando e confondendo l’aggressore; in seguito possono poi rigenerare gli organi perduti. Sono normalmente organismi «bentonici», cioè vivono sul fondo del mare, strisciando sul fondo come bruchi tramite 5 file di piccoli piedi distribuiti fra le due estremità, e si cibano filtrando l’acqua o meglio ancora i sedimenti sabbiosi del fondo, che introducono nella bocca tramite una ventina di pedicelli posti all’esterno di essa. Sono in effetti gli animali detritivori più importanti delle scogliere e degli abissi del mare, visto che sono stati ritrovati anche a 10.000 metri di profondità.

LA LORO DIETA PIU’ COMUNE E’ QUINDI costituita da piccoli pezzi di alghe e creature marine che trovano all’interno della sabbia, che poi espellono dall’ano. In pratica distruggono la materia organica scomponendola, esattamente come fanno i lombrichi nei giardini. Insieme alla sabbia, i cetrioli di mare espellono sottoprodotti a beneficio degli ecosistemi oceanici, in particolar modo quelli delle barriere coralline. Uno studio pubblicato nel 2011 sul Journal of Geophysical Research ha evidenziato come il processo di digestione delle oloturie conferisca ai loro rifiuti un ph leggermente basico e che quindi contribuisce a proteggere l’acqua che li circonda dal processo di acidificazione che gli oceani stanno soffrendo. I cetrioli di mare espellono poi anche carbonato di calcio, che è un ingrediente fondamentale nella formazione dei coralli ed ammoniaca, che funge da fertilizzante e favorisce la crescita dei coralli.

QUALE IL PROBLEMA? L’UOMO, ovviamente. Alcune specie di oloturia sono considerate non solo commestibili, ma una vera prelibatezza. Le oloturie stanno quindi assumendo un elevato valore economico, e vengono pescate a scopo alimentare soprattutto negli oceani Indiano e Pacifico per essere rivendute in Oriente, in Cina principalmente, ad un prezzo oscillante fra i 10 ed i 600 dollari al chilo; alcune specie più rare e pregiate possono raggiungere il costo di 3000 dollari al chilo. Questo ha ovviamente scatenato una caccia serrata ad alcune specie, che ora sono in pericolo. Una di esse è Holoturia Edulis, tipica degli ambienti corallini e commercializzata in Cina col nome di trepang, in Indonesia come gamat o balatan ed in Giappone come namako. Nella maggior parte delle ricette gli animali vengono essiccati e poi reidratati, oppure mangiati freschi e crudi come sushi o ancora dentro le zuppe e stufati insieme ai funghi ed al cavolo cinesi; qualche volta vengono serviti anche fritti od affumicati.

Esiste anche un pericolo per l’uomo? Certamente. Essendo organismi filtratori come le cozze, possono assorbire virus, batteri, biotossine e metalli pesanti, che passano al corpo umano quando vengono ingeriti. Fondamentale quindi assicurarsi che provengano da aree di mare non inquinate. Impresa ovviamente impossibile.

COSA STA SUCCEDENDO QUINDI in Estremo Oriente? Il prelievo indiscriminato di alcune specie ha suscitato l’attenzione dell’Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali (IUCN) che ha classificato 16 specie come vulnerabili od in via di estinzione. La realtà è però che non ci sono dati sulla popolazione di questi organismi, e neppure sul loro commercio, svolto assolutamente attraverso il mercato nero. Si sa solo che in certe aree la pesca indiscriminata ha decimato la popolazione di questi animali, come in Papua Nuova Guinea. La FAO ha quindi pubblicato una linea guida per la raccolta sostenibile dei cetrioli di mare in tutto il mondo, mentre proseguono gli studi scientifici su queste specie.

E NEL MAR MEDITERRANEO? Da noi la moda alimentare non è ancora arrivata, anche se si cominciano a registrare episodi conosciuti di pesca senza limiti. Pesca di frodo. Il regolamento numero 407/2009 della Commissione Europea del 14 maggio 2009 ha inserito infatti fra le specie protette anche l’oloturia, divenuta una classe di animali a rischio d’estinzione. Malgrado questa normativa, cresce la pesca indiscriminata in Adriatico, nello Ionio ed in Sardegna, come testimoniano numerosi interventi delle forze dell’ordine che hanno sequestrato tonnellate di oloturie pescate illegalmente e che stavano prendendo la via della Grecia, per la loro lavorazione e per essere quindi poi inviate sui mercati asiatici. A Taranto è stato persino costituito un comitato dal nome Salviamo le Oloturie.

LA LORO SCOMPARSA PUO’ IN EFFETTI causare un grave danno alla salute del mare. Un piccolo animale, ma che racchiude una grande importanza nell’ecosistema sotto la superficie, come si dice invece abbiano le api sopra di essa. A differenza di queste però, stiamo parlando di animali «spazzini», che quindi fra le loro caratteristiche hanno quella di eliminare i rifiuti dal mare, mantenendolo sano. E qual è l’altro spazzino del mare che l’uomo sta sterminando indiscriminatamente? Lo sapete tutti: lo squalo, con l’uccisione di oltre 50 milioni di esemplari ogni anno, soprattutto per la pratica dello shark finning, l’amputazione delle pinne a scopo alimentare. Eh, sì, perché in Oriente sono convinti che abbia proprietà afrodisiache.