I 12 ministri riuniti nella 167ma conferenza dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec), a Vienna, hanno deciso di mantenere l’offerta di 30 milioni di barili al giorno fino al prossimo 4 dicembre. Cifra invariata rispetto al vertice del novembre scorso, quando alcuni paesi come il Venezuela – che custodisce le maggiori riserve al mondo – avevano chiesto di ridurre la produzione generale di petrolio per contenere «l’involontaria guerra dei prezzi tra paesi produttori».

L’Arabia Saudita, primo produttore dell’Opec e primo esportatore al mondo, aveva però deciso altrimenti. Asdrubal Chavez, ministro del Petrolio venezuelano, è tornato a indicare come una delle principali cause della caduta del prezzo del barile le tecniche di estrazione non convenzionali come il fracking, particolarmente in uso negli Stati uniti, che provocano ulteriore sovrapproduzione: «I produttori – ha detto il ministro – si sono visti obbligati a iniziare la ricerca di nuovi mercati per poter mantenere il loro livello di produzione, dando luogo a una sorta di guerra dei prezzi involontaria tra paesi amici produttori di petrolio».

Chavez, che ha valutato positivamente la decisione presa in questo vertice dalla Opec, ha proposto di creare un tavolo tecnico tra paesi Opec e non Opec per analizzare la situazione attuale del mercato petrolifero e orientarlo verso un «cammino di stabilità». La produzione dell’Opec costituisce quasi un terzo di quella mondiale. Nel mese di maggio, i 12 hanno complessivamente estratto 31,58 milioni di barili al giorno. L’Ecuador è tornato a chiedere per il crudo prezzi ragionevoli, e cioè tra i 75 e gli 80 dollari, a fronte degli attuali 60. Con 556.000 barili al giorno, Quito è il membro più piccolo dell’Opec.

L’Opec ha anche espresso appoggio all’Ecuador nel conflitto con la multinazionale Chevron-Texaco. Quito – dice il testo finale del vertice – ha diritto sovrano sulle sue risorse naturali. La campagna per denunciare «le mani sporche della Chevron» è iniziata nel 1993. Allora, un gruppo di cittadini colpiti dall’inquinamento nella provincia di Sucumbios ha iniziato un processo legale contro la Texaco in un tribunale degli Stati uniti, e la Chevron ha ereditato la causa dopo la fusione con Texaco. Nel 2003, le persone colpite hanno presentato una denuncia per danni contro la multinazionale alla Corte provinciale di Sucumbios. Nel 2009, la petrolifera ha però presentato una richiesta di arbitraggio alla Corte permanente di arbitraggio dell’Aja, accusando l’Ecuador di aver violato un trattato bilaterale con gli Usa sottoscritto nel 1997. Nel 2013 la Corte nazionale di giustizia ha però ratificato la sentenza del 2011, ordinando all’impresa un risarcimento di 9.500 milioni di dollari: sentenza che è stata sempre confermata dalla giustizia ecuadoriana. Chevron rifiuta però di riconoscere il danno.