Il Sinai è una regione fuori controllo dove è in corso una punizione collettiva da parte dell’esercito egiziano dei beduini che, per disperazione, decidono di sostenere i jihadisti locali. È una regione dove non solo fioriscono i traffici illegali di oppio, ma anche di migranti. Secondo un report, anticipato al manifesto da Heba Morayef, responsabile di Human Rights Watch al Cairo, dal 2006, decine di migliaia di eritrei che tentavano di scappare dal loro paese sono stati deportati nella penisola del Sinai. Fino al 2010, passavano per il Sinai volontariamente ma negli ultimi tre anni hanno subito arresti, torture, sono stati vittime di traffici o uccisi.
Trafficanti sudanesi hanno rapito e venduto a trafficanti egiziani migliaia di eritrei per estorcere somme di denaro ai parenti delle vittime. Spesso i familiari hanno ricevuto telefonate durante le quali si sentivano le grida dei migranti che subivano torture (stupri, mutilazioni, ustioni, elettro-shock, ecc.). Un trafficante beduino ha ammesso le sue responsabilità e descritto come avviene la compra-vendita di eritrei. «Li compro e rivendo per puro profitto. Non li torturo perché commetterei un peccato – ha aggiunto a condizione dell’anonimato – l’ultimo gruppo risale a pochi mesi fa. Quando ho iniziato nel 2009, pagavo 100 dollari a persona, ma quest’anno ho dovuto pagare fino a 600 dollari. Tra il 2010 e il 2011, compravo cinque migranti al giorno, quindi circa 1500 all’anno».
Molti eritrei hanno raccontato questi episodi a organizzazioni per i diritti umani e all’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr). Le violenze sono state facilitate dalla collusione tra i trafficanti sudanesi, la polizia egiziana e i militari che hanno fermato le vittime di traffico nelle stazioni di polizia chiudendo un occhio sulle violenze e restituendo le vittime ai loro aguzzini. Le autorità egiziane e sudanesi non hanno perseguito nessuno dei responsabili di questi crimini, violando i loro obblighi come firmatari di leggi che vietano il traffico di esseri umani.
L’odissea degli eritrei inizia nell’est del Sudan nel campo profughi più vicino all’Eritrea dove si trovano circa 75mila connazionali, soprattutto musulmani, alcuni dei quali vivono lì da decenni. Tra il 2004 e il 2012, anche circa 2mila cristiani tigrini si sono registrati nel campo denunciando abusi e violenze. Molti di loro, per le misere condizioni del campo, hanno ripreso il viaggio verso il Nord Africa e l’Europa. Alcuni hanno raggiunto Khartoum e Cairo, altri si sono diretti verso la Libia, l’Unione europea, Gibuti e l’Arabia saudita. Nel 2010, sono state pubblicate le prime prove di contrabbandieri che hanno trasformato i loro «clienti» abusandone per estorcere denaro alle loro famiglie. A Kassala, la polizia sudanese ha direttamente consegnato gli eritrei ai trafficanti. Lo stesso è avvenuto oltre il confine egiziano, dove la polizia è sempre stata collusa con i trafficanti a partire dai check-point al confine sudanese o nei pressi del Canale di Suez.
In Egitto, nessun ufficiale di polizia è stato perseguito per collusione con i trafficanti. Quando i poliziotti egiziani nel Sinai hanno fermato migranti eritrei al confine, ne hanno trasferiti alcuni alle corti militari o civili della città costiera di al Arish, altri nelle stazioni di polizia. Gli eritrei rimangono poi in prigione per mesi: vengono di solito rilasciati solo quando mostrano un biglietto aereo. E così le vittime di traffico sono tenute in ostaggio per una seconda volta arbitrariamente dalla polizia egiziana.
Secondo Unhcr, alcuni dei sopravvissuti della strage di Lampedusa dello scorso ottobre, si erano registrati come rifugiati proprio nei campi sudanesi ed etiopi. All’inizio del 2013, i rifugiati eritrei richiedenti asilo sono stati 300mila con oltre il 90% di richieste accolte. Negli ultimi dieci anni, 130mila eritrei si sono registrati nei campi sudanesi orientali e in Etiopia. Gli eritrei in Egitto vivono nello slum periferico di Ard al-Liwa. Chi resta ha già parenti o relazioni consolidate. Molti di loro raccontano di aver subito discriminazioni e tentativi di rapimento da parte di beduini che volevano deportarli nel Sinai.