Lo scompiglio che crea nei palazzi del governo l’ennesima gaffe del capo della Protezione civile Borrelli, reo di aver ipotizzato un inizio della «fase 2» per il 16 maggio, è uno specchio della tensione anche più estrema del solito che regna a palazzo Chigi e dintorni. Troppi fronti aperti e tutti troppo a rischio. Il trend positivo sul fronte della malattia è limitato, incerto, comunque molto lento. Gli industriali insistono per la riapertura subito.

S’incaricano dell’offensiva entrambi i candidati alla successione del presidente Boccia: il capo di Assolombarda Bonomi e la vicepresidente Mattioli. Parole quasi identiche: «L’Italia deve riaprire», «Dopo Pasqua si deve ripartire». La crisi sociale, poi, è una minaccia incombente. «Senza reddito d’emergenza clamorosa ingiustizia e coesione a rischio», insiste il capogruppo di LeU alla Camera Fornaro. La ministra Catalfo assicura che il Reddito ci sarà. In compenso è a rischio l’aumento dell’indennità per gli autonomi da 600 a 800 euro.

Il capitolo più doloroso è sul fronte europeo. La Germania insiste perché gli aiuti all’Italia passino, oltre che per un finanziamento di 200 miliardi da parte della Bei e il Fondo per le casse integrazione del Sure, per il ricorso al Mes. La Francia ora concorda e di qui al vertice decisivo dei capi di Stato, che dovrebbe slittare a dopo Pasqua, non si vedono spiragli sulla proposta di bond comuni.

La formula franco-tedesca squasserebbe il quadro politico italiano, anche perché accompagnata, per ora, da condizioni molto meno «light» di quanto non sperassero Conte e Gualtieri. Pur se in forma attenuata, il memorandum ci sarebbe, così come i controlli, la facoltà, a maggioranza qualificata, di irrigidire le condizioni e obbligare alla ristrutturazione. Tanto che il premier ha risposto alla lettera aperta della presidente von der Leyen con un’altra lettera, estremamente allarmata: «Si continua a insistere con strumenti totalmente inadeguati». Salvini vomita fuoco e fiamme: «Il Mes sarebbe un crimine contro gli italiani». I 5S sono quasi altrettanto fiammeggianti: «Il Mes è fuori dalla storia».

LA PARTITA CON L’EUROPA non è facile neppure per quanto riguarda il prossimo scostamento di bilancio. Il dl sulla liquidità per le imprese, con una garanzia di 200 miliardi per le banche, sarà varato tra oggi e domani. Il decretone è in agenda subito dopo Pasqua ma ancora non si sa di quale portata. Il governo mira a uno scostamento di 50 miliardi. L’Europa resiste.

Non si sa neppure se si arriverà a quella posizione comune di maggioranza e opposizione che sarebbe fondamentale per la coesione politica nazionale. Il vertice governo-opposizioni è slittato a stamattina, mentre ieri Conte ha riunito di nuovo la maggioranza. La condizione posta dalle forze di maggioranza è il ritiro degli emendamenti dell’opposizione. «E perché mai? I nostri emendamenti decadono se il governo presenta un maxi emendamento con all’interno anche le nostre proposte», replica la capogruppo al Senato Bernini. Trovare la quadra non sarebbe impossibile. L’ostacolo è politico: soprattutto i 5S sono infatti assolutamente ostili alla «collaborazione» con la destra.

È su questo campo di battaglia che è piovuta la frase incendiaria del capo della Protezione civile, che si era in realtà limitato ad ammettere la possibilità di arrivare al 16 maggio prima di entrare nella «fase 2». Del resto anche nella conferenza stampa serale ha confermato che determinante, più delle mascherine, resterà anche nei prossimi mesi un distanziamento sociale «rigorosissimo». Le sue parole, amplificate dai titoloni dei siti, scatenano però il caos a palazzo Chigi.

Il compito di rettificare è affidato al presidente del Consiglio superiore di sanità Locatelli: «Le date spettano solo al decisore politico. Dovremo essere vicini a Borrelli anche a livello comunicativo». Magari con un provvidenziale bavaglio pronto all’uso. Poco dopo si sconfessa da solo lo stesso reprobo, con il classico «sono stato male interpretato».

IN REALTÀ BORRELLI non aveva detto niente di più di quanto non venga ripetuto ogni giorno dagli stati maggiori che fronteggiano la crisi. Le possibilità di aprire la «fase 2» il 14 aprile, salvo spiragli da offrire agli industriali, sono pari a zero. Ma in un momento così delicato il governo non vuole apparire scippato delle proprie prerogative e ancor meno sottolineare eventualità che potrebbero portare all’esasperazione i cittadini in quarantena.