Chiusura notturna anche nel Lazio, a partire da domani. Con i contagi lievitati a 1219 su circa 20 mila tamponi e gli ospedali già quasi pieni Zingaretti ha rotto gli indugi. È previsto il coprifuoco dalle 24 alle 5 ma la misura più importante riguarda la didattica a distanza: 75% degli universitari, con esclusione delle matricole e dei laboratori, 50% delle scuole, con Dad concentrata essenzialmente negli ultimi tre anni delle superiori. Cambia anche il sistema ospedaliero. Il san Filippo Neri avrà due padiglioni per i malati positivi ma affetti da altre sindromi. Nuovi letti allo Spallanzani, all’Umberto I e al Covid Columbus: in tutto 3mila posti dedicati.

POCO PRIMA, AL SENATO, Conte aveva di nuovo escluso il lockdown nazionale, ammettendo però la possibilità di scelte più drastiche da parte delle Regioni, sulla base di protocolli nazionali che dovrebbero essere messi a punto nei prossimi giorni. Ma i tempi del governo e quelli del virus divergono. Le Regioni sono già costrette a fare da sé. Caso vuole che il peggiore tra tutti gli interventi del premier di fronte al parlamento dall’inizio della crisi capiti nel giorno più nero di questa seconda fase. Sarebbe stato un discorso molto deludente comunque. Diventa allarmante a fronte di una situazione vicinissima allo sfuggire di mano.

CONTE PRESENTAVA il secondo dpcm varato, in realtà controvoglia, nel giro di una settimana. C’era poco da illustrare essendo il dpcm pochissimo consistente. L’interesse di tutti era concentrato su quale strategia avrebbe illustrato per affrontare la nuova crisi. Quella strategia però non c’è. Tutta la decantata «differenza» rispetto alle chiusure della primavera sta nella diversa gradazione delle stesse. Non una parola sui trasporti, fatto salvo l’imbarazzante stanziamento di 350 milioni nella legge di bilancio per potenziarli l’anno prossimo. Non un fiato sul disastro dei tamponi, sui posti di intensiva programmati e non costruiti, sulle assunzioni mancate degli infermieri. Nulla sulla «medicina territoriale», indicata come urgentissima in primavera ma rimasta lettera morta. Non uno scatto per mettere in campo progetti e idee diverso dalle chiusure, senza i quali «convivere con il virus» resterà una formula vuota.

VA DETTO CHE L’UNICO, tra gli intervenuti, che fa proposte precise è Vasco Errani, LeU-Art. 1. Suggerisce piani regolatori per scaglionare gli orari di tutti, non delle sole scuole, nelle grandi città, costruzione immediata di Usca temporanee per impedire la saturazione delle intensive. Chiede di affrontare e risolvere, invece di rimuovere, i problemi nella tamponatura e nelle intensive. Una voce nel deserto.
Nel suo breve intervento il premier si è promosso a pieni voti: «Siamo stati i primi a chiudere e i più prudenti nel riaprire». Ha negato che in estate si sia perso tempo, vantando a ragione l’alto numero di mascherine prodotte e distribuite ma anche, con minor ragione, le operazioni di tamponatura: «Non abbiamo mai abbassato la guardia, nonostante i tanti passi avanti fatti». Conte ripete, a ragione, che bisogna operare in modo diverso dalla primavera. La differenza sta nel concentrarsi sulla «sfera delle relazioni sociali e ricreative». Il nodo per il premier è tutto lì. Ovvio quindi che il grosso della responsabilità di abbassare la curva ricada «sui comportamenti individuali». Il problema non sono scuola, trasporti, fabbriche. Sono «le attività ricreative». L’unica ricetta è dunque il chiudersi a casa da soli, uscendo esclusivamente per il lavoro e per la scuola.

IN MATTINATA IL SOLITO comunicato anonimo di palazzo Chigi aveva assicurato che le voci su un possibile nuovo e più rigido dpcm «sono solo mere ipotesi che non trovano alcun fondamento allo stato attuale». Il premier spera che nei prossimi giorni le sue disposizioni sull’uso delle mascherine bastino ad arrestare la curva dei contagi. Per il resto si affida agli «autolockdown» e all’azione autonoma delle Regioni con le quali «il governo sta lavorando in stretto contatto». Quel rapporto richiede però anche una collaborazione con l’opposizione, sin qui puntualmente sabotata dall’una e dall’altra parte. Conte la ha invocata di nuovo ieri a palazzo Madama. La Russa, per FdI, ha avuto gioco facile nel rispondere che se dall’inizio della crisi non è stato accolto un solo emendamento dell’opposizione, parlare di collaborazione non è tanto realistico.