Sono tre i lungometraggi provenienti dall’estremo oriente che saranno presentati all’edizione numero settantacinque del festival di Locarno, dal prossimo tre agosto. Il restauro di Written Face, lavoro con cui nel 1995 il regista svizzero Daniel Schmid esplorava la figura di uno degli attori di kabuki più amati nell’arcipelago; Arnold Is a Model Student del thailandese Sorayos Prapapan e il malese Stone Turtle.

Quest’ultimo, che sarà presentato nel concorso internazionale, è un viaggio, metaforico e nel tempo, da parte di Zahara, una donna apolide che vive in una sperduta isola della Malesia dove vende uova di tartaruga. Questo viaggio all’interno della cultura e del folklore del luogo, inizia quando Samad, un ricercatore, la assume come guida. Il film è il primo lungometraggio in lingua malese presentato in competizione a Locarno ed è diretto da Ming Jin Woo, autore le cui opere sono già state presentate nei principali festival europei nel corso dell’ultimo decennio. Stone Turtle è prodotto dalla Greenlight Picture, fondata dallo stesso Woo e ha fra i collaboratori, qui nel ruolo di produttore e montatore, Edmund Yeo, a sua volta ottimo regista che lavora fra Giappone e Malesia. Secondo quanto affermato dai produttori, il film fa ampio uso di scene animate, realizzate da Paul Williams, artista ed animatore che lavora fra il Giappone ed il Regno Unito e che in passato aveva collaborato anche con lo Studio Ghibli per La tartaruga rossa (La Tortue rouge) di Michaël Dudok de Wit nel 2016.

Arnold Is a Model Student sarà invece presentato nel concorso «Cineasti del presente», si tratta di una storia di uno studente modello che un giorno resta imbrigliato in un losco affare di esami truccati, sullo sfondo e all’orizzonte, una grande manifestazione di protesta organizzata dagli studenti contro la mancanza di libertà. Il film, per ammissione dello stesso regista Sorayos Prapapan, si ispira ai fatti legati al movimento Bad Student, cresciuto ed esploso nel corso del 2020 nel paese asiatico. Cominciata come protesta contro il divieto di portare i capelli in modo individuale e libero, il movimento si è in seguito allargato andando a colpire le restrizioni del sistema educativo tailandese e spingendosi fino ad una critica del sistema politico thailandese, una monarchia trasformata in dittatura militare dal 2016.

Nella sezione «Histoire(s) du cinéma» sarà proiettata una versione restaurata in 4K di The Written Face, opera del 1995 con la quale il regista Daniel Schmid compone un interessante e sperimentale ritratto di Tamasaburo Bando, attore di teatro kabuki, ma che ha partecipato come attore in alcuni film e che si è anche cimentato nella regia cinematografica, famoso soprattutto per essere uno degli onnagata più talentuosi. Un onnagata è colui, uomo, che interpreta il ruolo della donna nel teatro tradizionale giapponese e come detto dallo stesso Bando nel documentario non si tratta di una rappresentazione della donna, ma di un tentativo di indicare quale sia l’essenza della donna.

Il film di Schmid è un documentario che si prende molte libertà e che ibrida i generi, da una parte è composto da brevi interviste con Bando stesso, dall’altra una larga fetta del lavoro è occupata da Twilight Geisha, un film nel film con protagonista lo stesso Bando. Ma la maggior parte della durata è occupata dalle sue performance sul palco, tra cui Sagi musume, Orochi e Seki no to, e da interviste e performance di e con coloro a cui si ispira, l’attrice Haruko Sugimura, volto di molti lavori di Ozu e Naruse, la danzatrice e geisha Han Takehara e Kazuo Ohno, il grande danzatore butoh a cui Schmid dedicò un bel ritratto con Kazuo Ohno, film uscito anch’esso nel 1995.