Accade sempre più spesso che nelle carceri per minori o in quelle per adulti siano organizzati corsi per diventare arbitri. Chi li promuove è animato dalla considerazione pedagogica secondo cui arbitrare aiuterebbe ad avere un diverso e più responsabile approccio al conflitto, alle regole e alla legalità. Ogni storia di mazzette e truffa depotenzia questo messaggio.

L’arbitro equadoregno Byron Moreno non è finito in prigione per corruzione. Lui che fece andare su tutte le furie mister Trapattoni, che concesse un rigore inesistente ai sud-coreani seppur fortunatamente parato da Buffon allora al suo primo mondiale, che mandò anticipatamente negli spogliatoi Francesco Totti, sgambettato platealmente in area ma accusato ingiustamente di simulazione, che annullò un goal a Damiano Tommasi per un fuorigioco che non c’era, che tutti gli spettatori di quel match ritenevano corrotto e dunque colpevole, in galera c’è finito ma non per tangenti. Byron Moreno, grazie a quella partita del mundial 2002 è forse diventato l’arbitro più famoso nella storia del calcio. Eppure lui in galera c’è andato a finire non per corruzione bensì per un altro motivo, ovvero per traffico internazionale di droga. Gliene furono trovati sei chili nelle mutande nel settembre del 2010 all’aeroporto Jfk di New York. E così fu condannato a due anni e mezzo di carcere.

Di arbitri in galera per corruzione non se ne è visti molti dalle nostre parti. Per vederli in prigione bisogna andare in estremo oriente. Il caso più eclatante è quello di Lu Jun, tra i più famosi arbitri cinesi, condannato dal tribunale del popolo di Dandong a ben cinque anni e mezzo di prigione a seguito di tangenti legate a partite truccate.

Lui ed altri suoi colleghi avrebbero manipolato tra il 1999 e il 2003 un bel po’ di risultati nel campionato della massima serie cinese in cambio di 125 mila euro. Lu Jun non era proprio un arbitro qualsiasi. Era l’emblema all’estero del calcio orientale visto che era stato il primo arbitro cinese nella storia dei campionati del mondo di calcio. Diresse un paio di partite proprio nei famigerati mondiali del 2002.

La corruzione pare che negli anni avesse corroso il calcio cinese. Secondo le ricostruzioni giudiziarie per andare in nazionale bisognava pagare intorno ai 12 mila euro a qualche funzionario della federazione. Il calcio in Cina da qualche tempo è sempre più diffuso e popolare. Non è però questa una deriva del turbo-capitalismo. I biografi raccontano che Mao Zedong negli anni venti giocasse in porta nella squadra del collegio della provincia di Hunan. Mao aveva predetto un grande destino al calcio cinese. Non poteva immaginare che il Guangzhou oggi allenato da Marcello Lippi e in cui gioca Alessandro Diamanti arrivasse nel 2006 a ottenere la promozione nella Super League cinese dopo avere comprato partite per complessivi 200 mila yuan, ovvero circa 24 mila euro.