Ho letto con sconcerto l’articolo riguardante il pericolo morbillo in California e l’analisi dei motivi di questa epidemia. L’autore non ha fatto altro che riprendere le interpretazioni che la stampa Usa e anche italiana (è la riscrittura non felice di un articolo apparso sul Corriere della sera) danno del fenomeno della riflessione critica sulla pratica delle vaccinazioni di massa. Questa nasce non dai motivi che si leggono (che sono assolutamente marginali) ma da una realtà di bambini danneggiati in modo grave, gravissimo dalla pratica vaccinale. Fino a morirne. Affrontando questi argomenti mi sarei aspettato da parte di un «quotidiano comunista» una difesa dei più deboli, cioè dei bambini danneggiati dalla pratica vaccinale, che non sono un’entità astratta, non sono un’invenzione propagandistica, sono anche i nostri figli.

Mi sarei aspettato una riflessione sullo strapotere dell’industria che nega la possibilità dei vaccini singoli per chi lo richiede, sul fatto che il 76% della sperimentazione clinica italiana è condotta avendo come sponsor le aziende farmaceutiche, che concentrano la loro ricerca per il 12,4% nel gruppo dei farmaci di cui fanno parte i vaccini. Mi sarei aspettato una denuncia sul bavaglio cui la stessa letteratura scientifica è sottoposta, dal momento che gli studi sponsorizzati dall’industria farmaceutica riportano maggiori benefici e minori effetti collaterali rispetto agli studi non sponsorizzati. Mi sarei aspettato che si denunciasse che alcune vaccinazioni non hanno prove certe di efficacia, quali l’antinfluenzale nei bambini di età da 6 a 24 mesi, l’antipapillomavirus, venduto senza prova che prevenga davvero il tumore del collo dell’utero, o l’antirotavirus, una patologia comune e di modesta gravità nel nostro Paese, o semplicemente che venisse riportato il fatto che in Italia esiste ancora l’obbligo di legge, al contrario dei regolamenti di altri 15 paesi europei che non hanno alcuna vaccinazione obbligatoria.

Ma soprattutto in un quotidiano comunista avrei voluto leggere che diseguaglianze, mancanza di risorse, istruzione carente, lavoro precario o poco sicuro, in una sola parola, povertà hanno un impatto diretto e immediato sulla salute. (…).

Eugenio Serravalle, Pediatra – Presidente di AsSIS

(Associazione di Studio e Informazione sulla Salute)

Non potrebbe esserci migliore dimostrazione della efficacia della «pratica vaccinale» che l’esperimento di fatto attuato dal movimento anti vaccini in America. Quando le «obiezioni di coscienza» ai vaccini si sono sufficentemente diffuse in alcuni stati come la California, malattie epidemiologicamente «estinte» come il morbillo sono tornate a manifestarsi nella popolazione. Questo dimostrano i dati americani che hanno indotto alcuni stati a valutare la reintroduzione dell’obbligo di vaccino per garantire «l’immunità del gregge». È vero che una dose di scetticismo nei confronti del complesso medico-industriale è dovuta e salutare ma la cosiddetta «riflessione critica» sui vaccini ha preoccupanti contiguità con la pseudoscienza. È comprensibile ad esempio che famiglie alle prese col dramma di un bambino autistico possano aggrapparsi a ipotesi che imputano la sindrome ai vaccini infantili. Lo è meno la propensione a farlo di alcuni esperti pur nell’assenza di conferma scientifica. Il movimento «anti-vax» cresciuto in Usa è caratterizzato dalla fede religiosa nelle proprie convizioni e il simmetrico, paranoico sospetto di ogni opinione che non vi si conformi. Dinamiche speculari a quelle che negano il mutamento climatico, o l’esistenza dei dinosauri, pur di fronte all’enorme preponderanza di dati scientifici. Si tratta cioè di negazionismo: una fede integralista che rifiuta l’evidenza, che si tratti di rilevamenti atmosferici o di documenti storici sull’olocausto e che porta facilmente a derive assurde per cui l’Aids può essere stata un’invenzione della Cia che magari si può curare con una doccia, tanto non esistono «prove del contrario». Citiamo esempi estremi ma non astrusi dato che fanno parte di una fenomenologia sempre più diffusa in un presente in cui tutti gli integralismi tornano in auge fomentati anche da demagogie populiste. Come quello religioso, l’integralismo pseudoscientifico rifiuta ogni contradditorio razionale a cui preferisce un dogmatico manicheismo,– una presunta scelta fra Engels e Pasteur, ad esempio, come se il comunismo fosse la pratica bastian contraria a priori – eventualmente anche contro i precetti della biologia – invece che l’abitudine alla critica razionale. Non a caso il movimento americano anti-vaccini deriva la propria linfa ideologica da ambienti della destra catastrofista (la stessa che in occidente ha reagito all’epidemia di ebola con astrusi complottismi misti ad isterismi xenofobi). Rifiutare le pulsioni neo-oscurantiste ci pare più importante che mai oggi. Criticare scetticamente i negazionismi non significa abdicare la facoltà critica ma al contrario rivendicare l’attitudine alla ragione in cui rientrano anche le critiche razionali ai sistemi ingiusti di potere.
Luca Celada