Affittare un aereo, andare a Lesbo, prendere 189 rifugiati e portarli in Olanda. È ciò che ha provato a fare la fondazione «We gaan ze halen» (Wgzh), tradotto: «Portiamoli qui». Dopo l’incendio di Moria del 9 settembre scorso gli attivisti hanno lanciato un crowdfunding e in dieci giorni hanno raccolto 50mila euro da oltre mille persone. Il Boeing 737 è partito lunedì 5 ottobre alle 9 da Rotterdam. Sarebbe dovuto atterrare a Mitilini qualche ora dopo, ma le autorità greche hanno revocato l’autorizzazione mentre era in volo. Al pilota sono rimaste due opzioni: tornare a casa; fermarsi ad Atene.

Subito dopo l’atterraggio nella capitale ellenica, gli attivisti olandesi sono stati fermati dalla polizia e il Boeing spedito indietro. «Ci hanno detto che non potevamo raggiungere Lesbo, ma dopo il rilascio abbiamo preso un traghetto. Ora siamo sull’isola e i poliziotti non ci perdono di vista, quasi fossimo trafficanti. Ma noi volevamo portare i rifugiati in Olanda con tutte le autorizzazioni», dice Johannes van den Akker, membro di Wgzh. L’azione di forza era stata ampiamente pubblicizzata. Gli attivisti speravano di aumentare la pressione sul governo con l’aereo fermo a Mitilini e una concomitante mobilitazione a L’Aia.

Venerdì scorso la segretaria di Stato per la giustizia e la sicurezza Ankie Broekers-Knol (Partito popolare per libertà e giustizia) aveva scritto a Rikko Voorberg, teologo protestante e rappresentante di Wgzh, affermando: «Nonostante ne apprezzi le intenzioni, la vostra iniziativa privata non è il miglior modo di aiutare». La risposta di Voorberg non ha usato mezzi termini: «Lei ha scritto che la nostra iniziativa corre contro gli sforzi già avviati da autorità greche, Commissione Ue, Olanda e paesi membri. Questa è esattamente la nostra intenzione». Wgzh accusa il paese «frugale» di accettare il ricollocamento dall’inferno di Lesbo di un numero ridicolo di rifugiati: 100, di cui 50 minori. «Basta portare cibo e lenzuola, non serve. Bisogna evacuare l’isola. Mai più Moria», ripete van den Akker.

Il ministro greco per l’immigrazione e l’asilo, Notis Mitarachi, ha dichiarato al giornale Proto Thema che «la cooperazione per il ricollocamento dei migranti è fatta ufficialmente attraverso gli Stati e non con le iniziative di cittadini». In un gruppo di volontari pro-rifugiati attivi a Lesbo è stato espresso scetticismo per l’azione. Già a dicembre 2018 Wgzh aveva raggiunto Atene con una carovana di macchine per portare dei rifugiati in Olanda, ma senza riuscirci. Un endorsement inatteso è giunto invece da Yorgos Papandreou, ex premier del Pasok, che ha twittato: «La società civile europea si sta mobilitando. I governi devono ascoltare e fare la loro parte».