Lo strano caso del sarto Charles James
ManiFashion La mistificazione della moda inventata negli Stati uniti, dietro una mostra promossa da Anna Wintour
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L’evento che catalizzerà il fashion world nelle prossime settimane si svolgerà il 5 maggio a New York ed è il Costume Institute Gala Benefit, una delle più grandi occasioni annuali di raccolta fondi del Costume Institute del New York Metropolitan Museum. Quest’anno, in più, c’è l’inaugurazione dell’Anna Wintour Costume Center, lo spazio intitolato alla direttrice di Vogue America, prima persona vivente a cui viene dedicata una parte del prestigioso (si usa dire così) museo americano.
La Wintour, grande esperta in fundraising (raccolta fondi) è riuscita lì dove nemmeno Diana Vreeland, che il Costume Institute lo ha quasi fondato, perché nei 15 anni della sua presenza nel Met trustee è riuscita a raccogliere 125 milioni di dollari con varie iniziative. Tra cui l’annuale Gala di maggio, una specie di cerimonia degli Oscar della Moda, ma senza nomination e statuette e solo con tavoli e sedie a pagamento, che precede l’inaugurazione della grande mostra annuale dello stesso Costume Institute. Il Gala di quest’anno, che vede come presidente Aerin Lauder (cosmetici Estée Lauder) e copresidenti Bradley Cooper, Oscar de la Renta, Sarah Jessica Parker, Lizzie e Jonathan Tisch (Loews Hotels), è il vero evento che precede il pretesto, e cioè la mostra Charles James: Beyond Fashion (8 maggio-10 agosto) dedicata appunto a Charles James, un semisconosciuto sarto inglese naturalizzato americano che ha lavorato a New York tra il 1940 e i primi Anni 50, famoso soprattutto per quegli abiti da sera, i ball gown, che sembrano tanto belli solo perché li abbiamo visti allo sfinimento nei tanti film americani di quegli anni e che con tutto quel loro frusciare di raso e scollature e drappeggi e arricciature da tenda abbiamo sempre pensato fossero costumi da film perché, giustamente, li cucivano i costumisti di Hollywood, e invece erano uguali ai vestiti che i sarti dell’epoca preparavano per le donne americane.
Nato in un paesino del Berkshire nel 1906, James lascia l’Inghilterra a 19 anni e si sa che vive a Chicago e Long Island, finché il suo nome appare a Parigi nelle cronache della haute couture del 1947. Poi, nei ’50 appare tra i sarti preferiti dalle ricche signore di New York con cognomi da magnati come Austine Hearst (giornali) e Millicent Rogers (petrolio), alle quali dedica abiti che battezza Butterfly, Diamond, Swan. E così si è assicurato, sostiene Wintour, il titolo di primo couturier d’America. Infine, dopo un lungo silenzio, muore nel 1978 senza lasciare tracce nella moda.
Perché allora questa mostra? Harold Koda, il curatore del Costume Institute, sicuramente sa che l’unico glamour americano è stato quello dei costumisti nella Hollywood Anni 50, con Adrian in prima fila. Ma la Wintour cerca di legittimare la moda americana attraverso una pretesa sartorialità-creativa che non è mai esistita e l’istituzione si è piegata ai suoi voleri e ai suoi fondi. Il che dimostra la tipica mancanza di visione e la presunzione che domina da quelle parti.
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