(La parte prima di questo saggetto «Lo stato e la sua crisi secondo Gramsci») è stata pubblicata sabato 5 settembre, la terza sarà pubblicata sabato 7 novembre 2015)

Crisi organica della civiltà moderna secondo Gramsci
«Crisi organica» della civiltà moderna vuol dire (riassumendo fulmineamente in cinque punti l’insieme delle Note dei Quaderni di Gramsci incentrate sul tema): 1. di lunga durata; 2. di carattere mondiale; 3. che riguarda tutti gli Stati;
4. che è economica-sociale-politica-culturale;
5. che nasce dalla rottura degli automatismi economici-sociali-politici-culturali dati e dall’emergenza di nuovi modi di sentire-comprendere-capire-agire, i quali però non arrivano a espandersi fino a sostituire i precedenti.
Concetto di Stato secondo Gramsci
Concentriamoci ora sullo Stato. Gramsci critica il concetto marxista e il concetto sociologico dello Stato, che considera parziali e fuorvianti, e propone un nuovo concetto di Stato, e fa la storia dello Stato, e ne documenta la «crisi organica». Ma avviciniamoci al suo concetto. Nel 1933 Gramsci scrive nei Quaderni: «Stato è tutto il complesso di attività pratiche e teoriche con cui la classe dirigente giustifica e mantiene il suo dominio non solo ma riesce a ottenere il consenso attivo dei governati». Tenete in mente queste espressioni: «complesso di attività pratiche e teoriche», «classe dirigente», «dominio non solo», «consenso attivo dei governati». E andiamo ai concetti di Stato di Karl Marx e Max Weber.
Le concezioni ‘realistiche’ dello Stato: Marx e Weber.
Scrive Marx nel saggio La guerra civile in Francia (1871):
«Il potere statale è una creazione della borghesia; fu lo strumento che servì dapprima per spezzare il feudalesimo, poi a schiacciare le aspirazioni della classe operaia all’emancipazione. È una forza organizzata per mantenere in schiavitù il lavoro». «Lo Stato è l’orrendo apparato del dominio di classe».
Lo Stato è l’apparato politico moderno che organizza la forza fisica della classe dominante in funzione del dominio di classe.
Dice Weber nella conferenza La politica come professione (1919):
«Lo sviluppo dello Stato moderno viene ovunque promosso dall’avvio dato da parte del principe all’espropriazione di quei «privati» che si trovano accanto a lui investiti di un potere di amministrazione indipendente, e cioè di coloro che posseggono per proprio diritto i mezzi per condurre l’amministrazione, la guerra e la finanza, o per conseguire comunque un fine politico. L’intero processo costituisce un perfetto parallelo con lo sviluppo dell’economia capitalistica attraverso la graduale espropriazione dei produttori autonomi». «Lo Stato moderno è un’associazione di dominio in forma di istituzione, la quale, nell’ambito di un determinato territorio, ha conseguito il monopolio della violenza fisica legittima come mezzo dell’esercizio della sovranità».
Lo Stato è l’associazione moderna di dominio che monopolizza la violenza fisica legittima come mezzo di potere.
«Perché esso esista, bisognerà dunque che i dominati si sottomettano all’autorità cui pretendono i dominatori del momento».
Tenete a mente questo ‘lo Stato esiste finché i dominati si sottomettono all’autorità dei dominatori’, perché getta luce sulla crisi di rappresentanza odierna vissuta dagli Stati.

(segue)
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