L’intervista con il filosofo e linguista Noam Chomsky è avvenuta a poche ore dal caso Protasevich, l’oppositore bielorusso, con simpatie neonaziste, arrestato dopo che il volo di linea su cui viaggiava è stato dirottato e fatto atterrare d’urgenza a Minsk. Siamo partiti da lì.

Cosa pensa di quello che è accaduto in Bielorussia?
Non so esattamente cosa stia succedendo internamente in Bielorussia ma è una brutta situazione. Ovviamente è una violazione del diritto internazionale ma non è senza precedenti. Nel 2013 un aereo diplomatico della Bolivia, che trasportava il presidente Evo Morales, venne bloccato. Stava volando dalla Russia alla Bolivia e fu fatto atterrare a Vienna su nostro ordine (degli Stati Uniti ndr) perché stavano cercando Edward Snowden. Si è trattato di un caso ben peggiore e ci sono altri episodi. Nel 1954 Israele dirottò un aereo siriano poiché cercava degli ostaggi per dei negoziati. C’è una storia di dirottamenti aerei, quando questi vengono compiuti dagli Stati Uniti o da Israele non importa, se invece si tratta di un Paese come la Bielorussia, ovviamente è un crimine.

In piena emergenza pandemica gli USA stanno portando avanti la più imponente esercitazione militare dai tempi della cortina di ferro: Defender Europe 2021. Migliaia di soldati statunitensi e di altri 26 Paesi alleati (non solo NATO) stanno svolgendo operazioni dai Paesi baltici al nord Africa, passando per i Balcani. Si può sostenere che Stati Uniti, Cina e Russia stiano combattendo una nuova guerra fredda?
Sì la stanno combattendo. Ci sono atti altamente provocatori tra potenze nucleari. È inconcepibile. La diplomazia deve evitare che si sviluppino situazioni che possono condurre a crisi incontenibili. Ci sono conflitti ai confini con la Russia o con la Cina, la peggiore risposta possibile è intensificarli. Non a caso le crisi non sono nei Caraibi e sul confine messicano ma sul confine russo e nel Mar Cinese Meridionale dove c’è la principale via d’acqua commerciale cinese. È assurdo che gli Stati Uniti abbiano inviato una portaerei nel Mar Cinese Meridionale quando aerei da guerra cinesi volano su Taiwan, questo potrebbe far esplodere la situazione in modo accidentale. Allo stesso modo le azioni provocatorie da parte delle forze armate statunitensi sul confine russo sono estremamente pericolose.

Questa guerra fredda viene combattuta anche sul fronte dei vaccini?
L’idea che gli esseri umani dovrebbero essere coinvolti in una guerra fredda dei vaccini mostra che c’è qualcosa di patologico nella specie. C’è una crisi internazionale in atto, la pandemia non ha confini. Dovremmo lavorare insieme per cercare di superarla. I vaccini dovrebbero essere prodotti in modo open source. Tutti capiscono che l’accumulo di dosi è totalmente immorale, significa che i vaccini non vanno nei luoghi in cui sono necessari. Si lascia che il virus muti, forse si svilupperanno nuove e incontrollabili varianti africane e asiatiche, ma si riforniranno i Paesi che già stanno accumulando i vaccini. Parlare di guerra fredda in questo caso è fuori discussione. Ovviamente sono necessari aiuti reciproci e cooperazione internazionale. Questo vale sempre, ma quello che sta succedendo con la pandemia è scandaloso.

Prendiamo l’Italia. All’inizio del 2020 c’è stata una grave epidemia nel nord. Il nord Italia si trova nell’Unione europea e a pochi chilometri da lì ci sono due Paesi molto ricchi, Austria e Germania, che avevano una situazione abbastanza sotto controllo. Hanno mandato aiuti in Italia? Hanno mandato medici o supporto medico? In realtà l’Italia ha ottenuto aiuti dall’altra parte dell’Atlantico, grazie ad una superpotenza, Cuba, l’unico Paese internazionalista al mondo che ha potuto inviare medici. Anche la Cina ha inviato aiuti medici. Austria e Germania non potevano farlo visto che sono proprio lì accanto? Il Canada ora ha più vaccini di quanti ne possa usare e gli Stati Uniti hanno vaccini extra che non stanno usando. Il vaccino AstraZeneca non è stato autorizzato quindi rimane nei magazzini. Perché non darli a chi ne ha bisogno?

È preoccupato dal fatto che questo stato di emergenza possa diventare permanente?
Siamo in uno stato di emergenza permanente che è molto più grave della pandemia, molto più serio. Si tratta della minaccia della catastrofe ambientale. Gli oceani e l’atmosfera si stanno surriscaldando, le calotte glaciali si stanno sciogliendo. Non si arresterà. Questa è un’emergenza che fa sembrare tutte le altre marginali. Le pandemie sono terribili, decine di milioni di persone sono morte inutilmente, ma possono essere tenute sotto controllo ed è possibile vederlo nei Paesi che sono riusciti a farlo. È terribile ma non è la distruzione della vita umana organizzata sulla terra. A meno che non controlliamo l’ambiente, raggiungeremo un punto in cui la catastrofe sarà irreversibile e la società umana organizzata scomparirà, insieme a milioni di altre specie che stiamo distruggendo. La terra non ha affrontato una crisi simile per 65 milioni di anni, dalla famosa quinta estinzione, ora siamo nel bel mezzo della sesta estinzione. A meno che non mettiamo fine a tutto ciò, e abbiamo forse 20 o 30 anni per farlo, ci estingueremo. Questa è la più grande crisi della storia umana. Deve essere affrontata in modo cooperativo, non conosce confini. Se l’Asia meridionale e il Medio Oriente diventano inabitabili, sarà una tragedia per tutti noi. C’è poi un’altra emergenza: la minaccia di una guerra nucleare forse è maggiore di quanto non lo sia stata durante la guerra fredda. Si stanno sviluppando nuovi armamenti estremamente pericolosi, le guerre si spostano nello spazio. Tutto questo deve essere messo rapidamente sotto controllo.

La pandemia infatti è la meno grave delle crisi che viviamo. Inoltre stanno arrivando altre pandemie, questo è quasi certo e bisogna essere in grado di affrontarle subito. Nel 2003, dopo che l’epidemia di Sars fu contenuta, si capì che molto probabilmente ci sarebbero state nuove epidemie di coronavirus, forse pandemie. Dovevano essere prese delle misure per prepararsi, non è stato fatto nulla. Sono necessari seri cambiamenti istituzionali, è molto improbabile che un sistema di società farmaceutiche private sia in grado di affrontare questo tipo di crisi internazionali. Molte cose devono essere ripensate e riprogettate, sappiamo come fare ma non ce ne stiamo occupando ed è spaventoso.

Si parla spesso di Green new deal ma è possibile discutere di ambientalismo ed emergenza climatica senza affrontare le problematiche e le crisi del capitalismo?
In effetti le crisi sono, in un senso profondo, crisi del capitalismo e della sua variante particolarmente brutale e selvaggia chiamata neoliberismo, che è stata un disastro per quasi tutti, tranne che per i super ricchi. È una fase iniziata nel 1980 e ingigantita in Europa dai programmi di austerità. La società di ricerca Rand Corporation ha recentemente condotto uno studio sul trasferimento della ricchezza dalla classe lavoratrice e dalla classe media, che costituiscono poco meno del 90% della popolazione, verso i super ricchi, una frazione dell’1%. In 40 anni di neoliberismo si stimano quasi 50 trilioni di dollari e questo equivale ad una rapina ai danni della classe operaia e della classe media da parte dei super ricchi. È una sottostima molto grave perché non tiene conto di altri dispositivi che sono stati sviluppati nel periodo neoliberista per derubare il popolo. Per esempio i paradisi fiscali. Reagan ha dato il via e poi c’è stata una corsa internazionale al ribasso per consentire alle corporation di liberarsi dalle tasse. Questo imponente attacco alla popolazione generale ha generato rabbia, risentimento e portato all’ascesa di organizzazioni estremiste.

Tutto ciò deve essere superato a partire dalle fondamenta. Un sistema capitalista non regolamentato è un patto suicida, si autodistruggerà in men che non si dica. Il business l’ha sempre capito. Ecco perché non hanno mai permesso a un sistema capitalista di funzionare. Tutte le imprese intervengono sempre per chiedere che lo stato prenda misure forti per proteggere il mondo degli affari dalle devastazioni del mercato, sempre. In tutto il mondo abbiamo un altro sistema, una specie di sistema capitalista di stato con interventi statali di vario tipo, sia per proteggere la società dall’autodistruzione, sia per fornire le basi per lo sviluppo economico. Ora stiamo usando i computer, internet, la maggior parte di tutto questo è stata sviluppata attraverso il settore pubblico, attraverso l’innovazione e il finanziamento pubblico: istituti di ricerca, laboratori governativi e così via. Sussidi pubblici per le società private. È così che funziona l’economia.

Tornando al Green new deal, dobbiamo considerare le questioni con una scala temporale. Abbiamo forse 20 o 30 anni per affrontare l’imminente crisi della catastrofe ambientale. Gli interventi per farlo sono sostanzialmente noti e fattibili e dovranno essere realizzati nel quadro delle istituzioni esistenti perché la situazione è urgente. La tempistica per il cambiamento su larga scala delle istituzioni è molto più lunga. Un nuovo accordo globale sull’ambiente non solo è possibile, ma è essenziale per la sopravvivenza. È chiaro che dobbiamo porre fine all’uso dei combustibili fossili entro pochi decenni, forse entro il 2050, questa è la raccomandazione dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Ciò significa muoversi subito per iniziare a ridurre il petrolio sviluppando fonti alternative di energia. Si può fare in modo efficiente, può portare a una vita migliore, ma non accadrà da solo, ci vorrà un grande impegno. Ci sono poi le resistenze da parte del settore dei combustibili fossili per cercare di evitarlo, nell’interesse di un profitto a breve termine.


Ritiene che l’attuale emergenza stia accelerando la cosiddetta quarta rivoluzione industriale? Maggiore digitalizzazione, sorveglianza e «algoritmizzazione» delle nostre vite.
La questione della sorveglianza e del controllo è molto seria. Ora esistono grandi aziende hi-tech che stanno raccogliendo, o sono in grado di raccogliere, quantità straordinarie di informazioni su tutti noi. In ogni momento della nostra vita. Ovviamente usano queste informazioni per i loro scopi commerciali, oppure possono essere usate per provare a controllare i nostri comportamenti. Potrebbe diventare più estremo nel momento in cui ogni oggetto avrà incorporato un dispositivo per la raccolta di informazioni. È una situazione molto minacciosa e pericolosa. Dovrebbero essere prese delle misure serie per prevenirla, dovremmo proteggerci dalla sorveglianza e dal controllo non solo da parte del governo, ma da parte delle grandi società, che fondamentalmente sono fuori controllo.

Un celebre slogan di Margaret Thatcher fu «non c’è alternativa». All’orizzonte vede alternative?
Quando Thatcher disse «non c’è alternativa», intendeva che non c’è alternativa all’assalto neoliberista alla popolazione. Ovviamente ci sono molte alternative, ad esempio il cosiddetto capitalismo regolamentato del periodo precedente, che aveva molti difetti ma non era così letale come lo è stato il periodo neoliberista. Certamente ci sono alternative per ogni aspetto dell’organizzazione delle nostre vite. Fino al XIX secolo, l’idea di avere un lavoro subordinato a un padrone durante la maggior parte delle ore del giorno era considerata un abominio, un attacco fondamentale ai diritti umani fondamentali. Ormai è accettata. Non è mai stata accettata nella storia umana. Perché dovremmo tollerarlo? Perché le persone non dovrebbero condurre autonomamente la propria vita lavorativa e ogni altro aspetto della propria esistenza? È un tema classico e può essere riscoperto e trasformato alla base di una riorganizzazione della società in modo che le imprese, qualunque esse siano, siano sotto il controllo di chi vi lavora e vi partecipa. Non di qualche proprietario straniero assente, di qualche grande banca che decide come gestirle, tutto questo può essere cambiato.

Thatcher fece anche un’altra affermazione: «la società non esiste, esistono solo gli individui». In realtà, probabilmente non lo sapeva, stava parafrasando Marx quando, a metà del XIX secolo, condannò i governanti autocratici d’Europa perché volevano trasformare la popolazione in quello che definiva «un sacco di patate». Cioè una massa di individui atomizzati incapaci di cooperare per resistere agli attacchi del potere concentrato. In effetti le prime azioni di Thatcher e Reagan furono quelle di distruggere i sindacati, che costituiscono l’unico mezzo con cui i lavoratori possono difendersi dall’attacco del capitale. C’è una correlazione molto stretta tra organizzazione del lavoro, sindacalizzazione e disuguaglianza: più è alto il livello di sindacalizzazione, più basso è il livello di disuguaglianza.

Quale ruolo potrebbe giocare l’Unione europea nello scenario che ha descritto?
L’Europa, con la sua enorme popolazione benestante e istruita, ha potenzialmente la capacità di essere una forza importante nelle relazioni internazionali e non essere solo sottomessa a potenze straniere. Ma non può esserlo a meno che non superi i problemi interni. L’Unione europea ha aspetti positivi e aspetti negativi. È importante salvare gli aspetti favorevoli. La libera circolazione, ad esempio, supera gli aspetti sfavorevoli. Un aspetto molto dannoso dell’Unione europea è l’accentramento del potere e la rimozione del potere decisionale dalle popolazioni, che dovrebbero detenere attraverso i propri parlamenti, verso dei burocrati non eletti a Bruxelles. La Troika prende le decisioni principali con le banche tedesche che si guardano le spalle. La commissione europea non eletta, il FMI, la BCE, il fatto che questi organi abbiano un grande potere decisionale è una carenza fondamentale della struttura. È un fallimento ma può essere superato.

Consideriamo qualcosa di molto concreto come le crescenti tensioni con l’Iran. Le sanzioni sono del tutto illegittime. L’Europa si oppone, ma le accetta perché si sta subordinando agli Stati Uniti. L’UE deve obbedire o sarà cacciata dal sistema finanziario internazionale. L’Europa è certamente abbastanza potente e potrebbe superare diverse crisi che si stanno sviluppando; dovrebbe assumere un ruolo indipendente e non essere una pedina mossa principalmente dagli Stati Uniti. Lo stesso vale per la pandemia, l’UE potrebbe essere in prima linea per garantire che i vaccini vengano distribuiti rapidamente a coloro che ne hanno bisogno, ma sta giocando un ruolo subordinato a causa della sua incapacità.