La nuova sede della Fondazione Prada a Milano, aperta al pubblico da oggi, è un esempio di contaminazione e di condivisione dei linguaggi e di conoscenze, di inusuali investimenti di privati per la cultura pubblica e di lungimiranza del collezionista d’arte. 19mila metri quadrati di un’ex distilleria nella ex zona industriale sud della città sono stati riprogettati dall’archistar Rem Koolhaas e dal suo Studio OMA. La risistemazione si qualifica all’esterno per aver trasformato l’ex palazzina degli uffici in una torretta tutta d’oro che è stata chiamata Haunted House (La casa degli Spiriti) e sarà il nuovo simbolo dello skyline milanese.

L’eccezionalità di questa nuova istituzione dell’arte risiede in tre caratteristiche. La prima è che una Fondazione privata mette a disposizione del pubblico un’enorme raccolta di arte contemporanea con opere di Louise Bourgeois, Richard Serra, Robert Gober, Damien Hirst, Giuseppe Penone, Mariko Mori, Thomas Demand, Elmgreen & Dragset, Francesco Vezzoli, Eliseo Mattiacci, Grazia Todari e tanti altri nomi altrimenti visibili nei musei internazionali. La seconda riguarda il fatto che privati cittadini abbiano dato vita a quel museo di arte contemporanea che Milano non è finora riuscita ad avere dalle istituzioni pubbliche statali. La terza eccezionalità è il metodo con cui è stata costruita sia la sede sia l’esposizione delle opere e che porta nell’arte il linguaggio contaminatore, dinamico e selettivo della moda.

Miuccia Prada, che ha lavorato personalmente sia con Koolhaas sia con il Sovrintendente della Fondazione Germano Celant, ha impresso la sua personale visione che, partendo da un gusto molto coerente della sua collezione d’arte, ha condizionato gli spazi espositivi e la disposizione delle opere con lo stesso metodo dodecafonico con cui assembla le sue collezioni di moda in cui la forma si lega alla logica. Se la contaminazione tra il linguaggio della moda e quello dell’arte si avverte soprattutto in una delle mostre dell’inaugurazione, An Introduction, nata da una conversazione tra Prada e Celant, il potere dinamico e selettivo si avverte soprattutto nella mostra Serial Classic che esamina la serialità e la copia nell’arte classica curata da Salvatore Settis e Anna Anguissola.

Questa fuga in avanti di un metodo, proprio di Prada e proprio della moda, che fa inaugurare con un’esposizione di arte antica la sede di una Fondazione che si è sempre occupata di arte contemporanea, mette il mondo dell’arte di fronte alla sua perdita di radicalità, in gran parte conseguenza del suo consegnarsi al mondo del mercato, tra gallerie, fiere ed eventi massmediatici.

La Fondazione Prada è nata nel 1993 e, fino a oggi, ha organizzato fra le altre mostre su Anish Kapoor (1995), Louise Bourgeois (1997), Sam Taylor-Wood (1998), Walter De Maria (1999), Enrico Castellani (2001), fino alla riedizione della mitica When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013.
La condivisione delle conoscenze a cui spinge il metodo Prada ha portato anche alla produzione di Roman Polanski: My Inspirations, documentario diretto da Laurent Bouzereau proiettato nella sala Cinema, e a convincere Wes Anderson (Budapest Hotel, I Tenenbaum) ad allestire il Bar Luce della nuova sede.

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