L’Europa s’è desta e parole come bloccare investimenti stranieri, chiudere appalti senza reciprocità, vietare acquisizioni da imprese che godono di aiuti di Stato, etc… sono entrate nel linguaggio ufficiale della Ue e saranno seguite da determinazioni vincolanti.

A sdoganare questo linguaggio, fino a ieri usato dai “sovranisti”, è la nuova fase delle relazioni con la Cina, fase che, dopo una lenta incubazione, si è surriscaldata con l’altolà di Trump e con l’inizio della campagna elettorale europea.

Adesso sarà rincorsa, ed il duo franco-tedesco che si è sentito scavalcato dall’Italia, cercherá di guidare la nuova resistenza in nome dell’Europa. Ma di quale Europa e perché?
Finora i flussi di merci Cina-Europa hanno scavalcato lo stivale facendo scalo, via terra, direttamente in Germania e, via mare, nei porti francesi e, soprattutto, in quelli olandesi e tedeschi, megaporti attrezzati ed efficienti sia nelle operazioni di carico e scarico che in attivitá industriali di assemblaggio nelle aree retroportuali.

Lo sviluppo di una “via mediterranea”, aggiungendo porti come Genova e Trieste a quelli Greci, potrebbe costituire una alternativa importante sia nell’immediato che per il futuro, soprattutto per i crescenti interessi della Cina in Africa.

Insomma una via della seta più a sud, nel mezzo del mediterraneo, potrebbe costituire un fatto nuovo nello scenario geopolitico e nelle direttrici di traffico prodotte dalla nuova divisione internazionale del lavoro.

L’Europa, in questo nuovo scenario, può pensare agli interessi specifici dei principali paesi continentali o assumere una visione più ampia, unificata e proiettata in un doppio ruolo di collegamento tra est ed ovest del continente e tra nord e sud del mediterraneo.

Non si tratta di una differenza da poco. E la fibrillazione in cui sono entrate le relazioni tra i paesi europei nasce proprio dalla portata strategica di questo problema.
Il grande progetto europeo è in una fase di stallo. Il ridisegno delle grandi aree geopolitiche della nuova fase della globalizzazione che è davanti ai nostri occhi sta avvenendo intorno a pochissimi poli di grandissime dimensioni. L’Europa ha, quindi, davanti a sé due possibili strade.

Quella continuista, fatta di appartenenza all’occidente, al patto atlantico e sotto le ali protettive degli Usa non ha futuro. Non lo ha per il ritrarsi degli Usa nel loro interesse nazionale. Non lo ha perché non ci mette in grado di affrontare la straordinaria emergenza migratoria che si registrerá proprio nel continente a noi più vicino. In questa continuità l’Europa rischia di essere tagliata in due in orizzontale, con Francia e Germania da un lato ed i paesi più immersi nel mediterraneo dall’altro, destinati a diventare territori sospesi sui quali scaricare le contraddizioni del nuovo secolo.

Anche per questo dobbiamo pensare ad un’altra strada, ad un’altra Europa, ad una novitá nello scenario mondiale con una potenza che ambisca a collocarsi in un contesto euroasiatico e mediterraneo.

Scenario irrealistico e futuribile? Sì. Ma la crisi che l’Europa sta vivendo non richiederebbe il coraggio di un pensiero alto e lungo proiettato nel futuro? Ed al centro delle prossime elezioni europee non ci dovrebbe essere il tema di quale Europa e per svolgere quale ruolo? Lo affrontiamo solo con le regolette per difenderci come sempre dal pericolo che viene dall’est, contrattando ciascuno per se piccoli spazi residuali o con l’ambizione di cercare una funzione per il futuro? E la sinistra? Si rinchiude tutta su una visione elettoralistica? Da Tsipras a Macron, per fare cosa?

Ed i giovani scesi in campo per il clima? Non dovremmo chiamarli insieme a progettare un futuro che vada oltre la sola attenzione alla produzione ed allo scambio di merci comunque prodotte, alla soluzione dei problemi delle migrazioni umane che i cambiamenti climatici stanno già schiaffando davanti ai nostri occhi, al riequilibrio delle disuguaglianze crescenti?

Domande, domande, domande? Certo. Quando la storia si muove ed il futuro è incerto, le risposte non si trovano negli archivi del nostro passato. Possono scaturire solo dal coraggio di porsi le domande che nascono dal presente.