Visioni

Lo sporco lavoro di Favino

Lo sporco lavoro di FavinoPierfrancesco Favino e Greta Scarano

Al cinema L'attore romano è un gigante burbero in Senza nessuna pietà di Michele Alhaique, invischiato nel sottobosco mafioso

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 11 settembre 2014

Il signor Santili non è proprio un signore. È un palazzinaro, ha la sua impresa di costruzioni, ma è anche un cravattaro, presta soldi a usura. E quando qualcuno sgarra arrivano il Roscio e Mimmo a spezzare le ossa. Mentre il Roscio è un decerebrato totale con pensiero monomaniacale, Mimmo sembrerebbe di un’altra pasta. Lui è nipote di Santili, rispetta lo zio, esegue gli ordini, ma per senso del dovere più che per convinzione. Preferisce di gran lunga il lavoro del cantiere, dove insegna il mestiere anche ai giovani, il suo problema è quello di essere un solitario, di poche parole e di oltre cento chili. Certo, poi c’è il cugino Manuel, puttaniere orgoglioso e violento che prova piacere nel maltrattare le donne.

E quando Mimmo deve fare da autista portando Tanya da Manuel, il caso fa i capricci. Tanya, scafatissima venditrice del suo corpo, crede di poter gestire anche questa. Costretta a trascorrere ventiquattro ore con l’orso Mimmo, scoprirà che quell’uomo massiccio è capace di tutto per difenderla, perché non è cattivo, forse è solo dipinto così.Michele Alhaique sinora si era fatto notare come interprete, qui invece si fa da parte per lasciare il campo ai colleghi, soprattutto a Pierfrancesco Favino (anche produttore del film) che costruisce il suo monumentale personaggio. Monumentale perché intrigante, oltreché grosso e silenzioso. Magnifico nel duettare con Claudio Gioè, il Roscio, nel rapportarsi a Greta Scarano, Tanya, nel risultare elettrico con Adriano Giannini, Manuel e teneramente devoto con Ninetto Davoli, zio Santili, e ancora complice con la donna che gli tiene in ordine casa e vita, una ritrovata Iris Peynado.

Senza nessuna pietà non imbocca strade inesplorate, si inserisce nei film di genere che vanno a raccontare il sottobosco malavitoso, ma che interpreta l’essere fuorilegge come un secondo lavoro, sporco, ma qualcuno deve pur farlo. Così i momenti migliori sono proprio quelli del cantiere, crocevia di persone e sentimenti, snodo fondamentale della vicenda, con l’automobile parcheggiata, carica di problemi, prima ancora che di persone.

Non era facile costruire comprensione attorno a un personaggio che al suo apparire rompe le ossa dei malcapitati che non sono in grado di restituire il denaro. Eppure Alhaique e Favino ci provano e alla fine ci riescono perché il mondo dei buoni e dei cattivi è finito da tempo, anche se i bastardi continuano imperterriti a compiere nefandezze.

Oggi è difficile capire immediatamente con chi hai a che fare, cosa si nasconde dietro un muratore che ama il suo lavoro, ma ormai così vinto dalla vita da non chiedersi più nulla, compreso perché mai debba fare recupero crediti in quel modo. Poi basta una ragazza, di quelle che non vanno in paradiso, ma vanno dappertutto, per fargli rivedere il senso di una vita. Non in cambio di un po’ di sesso facile (non che non gli venga offerto) ma per una questione di anima ritrovata e di una nuova dignità. Fosse anche l’ultima cosa da fare in questo sporco mondo.

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