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Lo spirito dell’Occidente e l’Europa

In una parola

In una parola La rubrica settimanale su linguaggio e società. A cura di Alberto Leiss

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 17 maggio 2022

Una guerra “nel cuore dell’Europa”. Quando leggo o ascolto questa espressione provo due sentimenti. Mi fa più paura una carneficina così “vicina”, non tanto geograficamente (Libia, Siria, Israele, Libano ecc. non sono tanto più distanti) quanto spiritualmente. Sì, è un conflitto che affonda i suoi orrori nel nostro spirito, nutrito dai libri di Tolstoj o di Babel, dalle idee di Kant o da quelle di Habermas, il quale si è interrogato su dove ci porterà una guerra che non può essere persa né dall’Ucraina aggredita, né da una potenza nucleare come la Russia.

Un altro sentimento è interrogativo: come batte il cuore dell’Europa? Accogliamo con pulsioni giustamente generose chi scappa da Kiev, ma restano giorni e giorni al largo le navi cariche di altri esseri umani in fuga da altri orrori. Paghiamo da anni il gas russo che finanzia Putin, ma anche il “tiranno” Erdogan perchè si tenga qualche milione di profughi siriani…

Se il cuore dell’Europa si commuove per questa tragedia voluta in modo criminale e stupido da Putin, il suo cervello saprà reagire con idee adeguate alla catastrofe? Il patriottismo che si ribella all’invasore lo comprendo. Qualche sera fa, invitato in tv, l’intellettuale ora molto sospetto Massimo Cacciari ha detto a bassa voce una cosa molto umana: c’è qualcosa di “indecente” nel mettersi a discutere sulla guerra e la pace, l’uso delle armi, la Nato ecc. con chi in questo stesso momento subisce i bombardamenti.

Meno indecente è interrogarsi, appunto, su come il nostro cuore e cervello, sconvolti dalle immagini quotidiane dall’Ucraina, sapranno orientarsi nel modo più giusto (anche se la giustizia vera non è di questo mondo). Un primo aspetto: la guerra è già mondiale. Sull’Espresso lo dice Lucio Caracciolo: il confronto tra i “grandi”, Russia, Usa, Cina, è aperto in Ucraina, ma anche in altri scenari continentali, dall’Africa al Pacifico al medio Oriente. “Il ritorno al principio di realtà – conclude il direttore di Limes – è la premessa della pace”.

La realtà del mondo l’ha cita in poche cifre Sergio Fabbrini sul Sole24 ore: i paesi in qualche modo definibili democratici e liberali sono diminuiti in pochi anni da 42 a 34, i paesi autoritari invece crescono, e ospitano il 70 per cento della popolazione mondiale (5,4 miliardi di persone). Senza dire che tendenze autoritarie si rafforzano anche all’interno dei paesi democratici.

In questa situazione ha un senso realistico la “passione” per una nuova guerra molto poco fredda tra “democrazie” e “autocrazie”? Che ne pensa la non ancora “grande” Europa? Non sarebbe giusto domandarsi sul serio perchè la democrazia liberale ha tanto poco appeal?

Forse perché il vantaggio di una maggiore libertà individuale e politica si accompagna a forme sempre più gravi di ingiustizie economiche e sociali? Perchè un sistema economico basato sulla competizione sfrenata e l’egoismo produce malesseri individuali e collettivi, guerre e distruzione ambientale? C’è qualcosa che vivo come oscuro e pericoloso anche nello spirito dell’Occidente. Me lo mostra la foto a tutta pagina del Foglio di questo fine settimana, con la prima ministra finlandese Sanna Marin sorridente, definita “arma letale contro Putin”.

Al direttore Claudio Cerasa piacciono le donne di governo che si impegnano nella Nato e per la guerra. Capisco, anche se dubito che sia la scelta giusta, la reazione di chi ha un vicino inquietante come Putin. Capisco meno che un uomo non si interroghi sul “bullismo” – parola sua – bellico internazionale che soprattutto noi maschi ci ostiniamo a riprodurre. Anche fissando lo sguardo solo sulle donne che tranquillizzano i nostri cuori e cervelli perturbati.

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