Reazioni discrete ai soprassalti della crisi politica italiana nei governi europei e nelle istituzioni di Bruxelles, per evitare di alimentare la tesi della propaganda dell’estrema destra, che confonde deliberatamente Unione europea e finanza internazionale, cancellando il percorso della Ue verso una maggiore regolazione, che trova proprio nella finanza internazionale il suo più grande nemico.

IL CAMPO sovranista approfitta dell’occasione offerta dalla decisione di Sergio Mattarella di dare l’incarico a Carlo Cottarelli. In Francia, per Marine Le Pen, «quello che accade è un colpo di stato», «una rapina ai danni del popolo italiano da parte di istituzioni illegittime», guidata da «Bruxelles, i mercati e la Germania». Per la leader del Fronte nazionale, «la collera popolare cresce dappertutto in Europa».

LA LEGA SIEDE al parlamento europeo nello stesso gruppo del Fronte nazionale, i 5 stelle in quello di Nigel Farage. Per il leader della campagna a favore della Brexit, «gli elettori italiani saranno furiosi per il veto dell’establishment ai nuovi ministri. È tempo per altre elezioni e un numero maggiore di voti. Se l’Italia si ritrova con un altro Mario Monti primo ministro pro-Ue calato dall’alto, c’è da aspettarsi una rabbia vera tra i cittadini». Steve Bannon, ex consigliere di Donald Trump, che è in Europa in questi giorni, ha parlato di «sabotaggio» di Mattarella.

DUBBI dell’ex ministro greco Yanis Varufakis: La formazione di un nuovo governo tecnico sotto il controllo di un ex apparatnik dell’Fmi è un regalo fantastico per Salvini». Anche in Germania ci sono inquietudini sulla soluzione «tecnica», ma il portavoce di Angela Merkel si limita a dire che Berlino spera «in un governo stabile». Stessa posizione da parte del Belgio.

Mrs.Pesc, Federica Mogherini, afferma «piena fiducia nelle istituzioni italiane a cominciare dal presidente Mattarella, garante della costituzione». A Bruxelles, la preoccupazione è che l’assenza dell’Italia blocchi le riforme in corso: in particolare, deve essere raggiunto un accordo per modificare il regolamento di Dublino sui migranti e sul tavolo c’è la riforma della zona euro, che suscita tensioni anche tra Germania e Francia. Emmanuel Macron, che ha fretta di convincere Angela Merkel della necessità di un approfondimento della zona euro (ma ha già dovuto incassare il nein a un ministro delle finanze dell’eurozona e a un parlamento specifico per i paesi della moneta unica) in vista di una maggiore solidarietà, sabato scorso aveva già telefonato in modo informale al presidente del consiglio incaricato, Giuseppe Conte, ieri ha sottolineato il «coraggio e la responsabilità» di Mattarella, insistendo sulla «stabilità».

Nei giorni scorsi, il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, aveva avvertito che la stabilità della zona euro sarebbe stata «minacciata» se l’Italia non avesse rispettato gli impegni presi. Il nervosismo di Le Maire è dettato da una vera inquietudine: il timore di un contagio, che aprirebbe una nuova crisi dei debiti pubblici in Europa, dopo quella del 2010-12, facendo traballare le banche (anche francesi). In Italia lo spread cresce. I tassi aumentano in questi giorni anche sul debito spagnolo e portoghese: sono i tre paesi che avevano subito le maggiori conseguenze della crisi della Grecia. Allora, il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva tirato fuori il «bazooka» per difendere l’euro «whatever it takes». Ma oggi? C’è l’avvio dell’unione bancaria (c’è stato un voto sul «pacchetto bancario» la scorsa settimana a Bruxelles, l’Italia e la Grecia si sono astenute), il Mes (Meccanismo europeo di stabilità), che però non avrebbe la forza di far fronte alla crisi del debito italiano, se preso di mira dalla speculazione (è dotato di 700 miliardi, sta già assistendo la Grecia, e il debito italiano è di 2300 miliardi, il 36% in mano a investitori internazionali).

MA NON C’È un bilancio della zona euro: la Francia lo vorrebbe, ma la Germania frena. In prospettiva, dovrebbe esserci la garanzia europea dei depositi bancari. La speculazione sta rialzando la testa e si frega le mani, perché non è amica dell’euro – come sostiene l’estrema destra – che ha limitato i suoi margini di manovra sulle deboli monete nazionali (non solo la lira, la dracma o la peseta, ma anche il franco).