È ancora più schiacciante di quanto avevano indicato gli exit poll la vittoria di Luis Arce, il candidato del Movimiento al Socialismo, alle elezioni di domenica: con lo scrutinio giunto all’88,1% del totale, Arce ha ottenuto il 54,5% dei voti, contro il 29,3% del suo principale sfidante, Carlos Mesa. Un trionfo, dunque. E un trionfo che dice anche altro: che, cioè il Mas vale molto più di Evo Morales.

Non si tratta solo di cifre, che pure parlano chiaro: la vittoria di Arce è stata più netta di oltre 7 punti rispetto a quella riportata dall’ex presidente alle elezioni del 2019, poi annullate per presunti brogli (47% contro il 36% di Mesa). C’è qualcosa di più: se è un indubbio segno di maturità politica che il partito conti più del suo leader, risulta però significativa l’insistenza con cui in tanti, durante l’intera campagna elettorale, hanno chiesto che tutto l’entourage di Morales venisse escluso dal futuro governo.

Non per niente il candidato alla vicepresidenza David Choquehuanca ha dovuto rassicurare più volte al riguardo la base sociale. Di questo malessere è sembrato consapevole lo stesso Arce, quando ha dichiarato, riguardo a Morales, che «se vorrà aiutare sarà il benvenuto», ma che «ciò non significa che sarà al governo». «Sarà il mio governo. Se vuole tornare in Bolivia e aiutarci non ci sono problemi. Sarà lui a deciderlo», ha aggiunto in un’intervista alla Bbc. Parole che suonano piuttosto fredde nei riguardi di colui che pure lo ha fortemente voluto come candidato e che vanno ad aggiungersi ai tanti distinguo mossi da diversi esponenti del Mas rispetto a un suo possibile ritorno in tempi brevi nel paese. «Non crediamo che ora sia il momento opportuno. Ci sono ancora questioni da risolvere», ha dichiarato per esempio la presidente del Senato Eva Copa.

E c’è persino chi pensa che il trionfo del Mas sia stato addirittura favorito dall’assenza di Morales e del suo vice Álvaro García Linera, le cui ricandidature alle elezioni del 2019, come pure le loro scelte politiche degli ultimi anni, non sono state, come è noto, condivise da una significativa parte dell’elettorato masista.
Il più duro è stato senza dubbio il leader ecologista Pablo Solón, l’ex ambasciatore della Bolivia presso l’Onu diventato un acceso critico dell’evismo: il Mas «non ha vinto grazie a Evo ma malgrado lui», ha detto, accusando Morales di aver tentato di emarginare Choquehuanca, il vero candidato delle organizzazioni sociali e indigene – a cui, si sa, egli avrebbe preferito Diego Pary -, e individuando proprio nell’ex ministro degli Esteri aymara un fattore decisivo per la vittoria.

Di certo, se tanto da Choquehuanca quanto da Arce è giunta la rassicurazione che non verranno ripetuti gli errori commessi – senza specificare quali – è facile prevedere che non mancheranno gli attriti. Non a caso, mentre Arce ha indicato come uno dei pilastri della strategia economica la produzione massiccia di agrocombustibili, Choquehuanca ha già espresso critiche all’espansione degli ogm..