Eccoli gli stati generali a lungo attesi. Una platea selezionata di una sessantina di persone ad ascoltare, qualche decina di giornalisti a seguire i lavori, la diretta integrale su Radio radicale.

Sembrerebbe un giorno di normale confronto sull’informazione la «giornata di apertura» a Roma del percorso di riforma immaginato dal governo.

E invece, appena finita la tavola rotonda, Vito Crimi lancia ai giornalisti una delle sue solite bordate, stavolta prendendosela direttamente con il manifesto. «Bisogna dare un taglio al modello che è stato utilizzato finora e creare un modello nuovo per il rilancio del settore, non per farlo bivaccare ancora per un po’».

Ci sono giornali, attacca Crimi, «che prendevano 6 milioni di euro, che è una cosa indecente, o quelli che sono giornali nazionali che facevano una concorrenza sleale. Sto cercando di portare avanti un progetto per far sì che il manifesto possa stare sul mercato da solo. Se il manifesto sul mercato da solo non riesce a starci, allora darà il suo contributo negli stati generali per dirci come stare sul mercato, ma un giornale che ha 4,5 milioni di ricavi e 3,5 milioni di contributo non può reggere di fronte a tante altre testate che non hanno i contributi».

E così questo giornale diventa il fiore all’occhiello dei tagli del governo.

Vito Crimi, 25 marzo 2019
«Il manifesto ha 3,5 milioni di contributo statale su 4,5 milioni di fatturato. Sto cercando di portare avanti un progetto per far sì che il manifesto possa stare sul mercato da solo. Se il manifesto sul mercato da solo non riesce a starci, allora darà il suo contributo negli stati generali per dirci come stare sul mercato, ma un giornale che ha 4,5 milioni di ricavi e 3,5 milioni di contributo non può reggere, di fronte a tante altre testate che non hanno contributi»

LA NOSTRA ANOMALIA è semplicemente incomprensibile nel mondo culturale pentastellato.

I nostri bilanci sono pubblici (sul sito in ogni pagina in basso a destra) e la nostra storia lunga 50 anni parla da sola, se solo si avesse la curiosità di interrogarla.

Il manifesto è in edicola senza interruzioni dal 1971, l’unica testata nazionale che è autogestita e di proprietà al 100% dei suoi lavoratori.

UNA COOPERATIVA «comunista», per di più. Con 52 dipendenti a tempo indeterminato e contratti regolari. L’unico vero quotidiano di sinistra-sinistra in Europa.

Dovrebbe essere un vanto, per il legislatore italiano, non un’onta da «mettere sul mercato». Il segno massimo del pluralismo. Al netto dei contributi pubblici, non c’è giornale più sul mercato di questo: il 90% dei ricavi sono da vendite e abbonamenti, il 10% è pubblicità.

Sono i lettori e gli abbonati che decidono davvero se usciremo ancora domani. Crimi stia sereno.

Crimi e Conte agli stati generali dell'editoria - foto Ettore Ferrari/Ansa
Crimi e Conte agli stati generali dell’editoria – foto Ettore Ferrari/Ansa

Noi un po’ meno. Alla tavola rotonda (alcuni interventi li riportiamo qui sotto) Fnsi, ordine dei giornalisti e Uspi chiedono al governo una «moratoria» sull’esclusione dal fondo per il pluralismo dei giornali in cooperativa e non profit. Se ci si confronta negli stati generali non si può aver già deciso l’esito con il taglio approvato nell’ultima manovra.

Come ha detto lo stesso premier Conte introducendo i lavori: «Vogliamo un percorso inclusivo, non c’è nulla di peggio di riforme che non tengono conto delle esigenze e delle proposte degli operatori».

FUORI DALL’INGESSATO percorso immaginato dai 5Stelle, si cominciano a delineare le prime reazioni «contro tagli e bavagli».

Nel pomeriggio, in una riunione aperta a tutti ospitata dalla Fnsi, gli esclusi dal tavolo del governo (ma non solo), serrano le fila.

Le cooperative di Culturmedia e Aci comunicazione, gli editori File, Usigrai, i cattolici della Fisc, noi, Radio Radicale, la comunicazione non profit, il sindacato dei giornalisti, lavoreranno a «proposte congiunte e coordinate», anche con appuntamenti culturali paralleli e diversi da quelli del governo, spiega il presidente Fnsi Beppe Giulietti. «Costruiremo alleanze sociali e politiche a favore del pluralismo e dei giornalisti», conclude il segretario Raffaele Lorusso.

E’ comune a tutti, in sala, la consapevolezza che le varie scelte del governo non penalizzano solo la ventina di testate escluse dai fondi pubblici ma scatenano un incendio che divampa ovunque, dalle redazioni ai cittadini e ritorno.

MENTRE IL DIPARTIMENTO editoria affina la piattaforma aperta per i cittadini, molti tavoli già sfuggono alla regia di Crimi.

Le querele temerarie sono alla Giustizia dal ministro Bonafede e il nodo Inpgi al ministero del Lavoro, che presto riceverà la richiesta di un tavolo ad hoc per gestire gli inevitabili stati di crisi che le testate coinvolte dai tagli si troveranno ad affrontare.

Un percorso a tappe

«Un percorso che parte dai cittadini e si chiude con i cittadini per restituire un’informazione corretta, libera e trasparente». Vito Crimi spiega che ci saranno 5 aree tematiche e 4 giornate principali nel percorso degli stati generali dell’editoria.

Le aree tematiche sono: agenzie di stampa, giornalisti, editoria, mercato e cittadini. Entro aprile tutti i cittadini potranno fare proposte sul sito del Dipartimento editoria. A maggio i primi incontri tematici. A giugno il confronto pubblico in una due giorni a Torino.

In estate il governo farà la sintesi per presentare al parlamento i disegni di legge a settembre.

Coop e editori non profit a Crimi: prima la riforma, sospendere i tagli

Alleanza Cooperative Comunicazione, FILE e FISC si associano alla proposta avanzata da FNSI, Ordine dei Giornalisti e USPI di attivare una moratoria immediata del taglio del fondo per il pluralismo, in attesa che il percorso di rivisitazione normativa avviato dal sottosegretario per l’editoria Vito Crimi giunga a compimento.

Apprezzabili nel dibattito anche le valutazioni dell’UPA, Unione Pubblicitari Associati, sulla necessità di garantire prodotti editoriali di qualità, in particolare di fronte ai numeri che le fake news producono sul web, e sul ruolo degli inserzionisti nella tutela del pluralismo.

Pur giudicando positivamente alcune proposte provenute dalla discussione, non possiamo però che confermare le critiche sul metodo adottato dal sottosegretario Crimi per mettere mano a uno dei settori chiave per lo svolgimento della vita democratica.

Ringraziamo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per averlo ricordato e per avere rammentato al sottosegretario Crimi che in queste occasioni occorre il massimo coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti. Ci mettiamo a disposizione per quando sarà possibile esporre le nostre idee sul settore.

A Crimi ricordiamo che i lavoratori delle nostre imprese non bivaccano, ma soffrono per la crisi del settore ormai da anni.

Un comparto, tra l’altro, che è stato interamente riformato da appena due anni e per cui si è deciso di cambiare in corsa le regole del gioco. La base della teoria dei giochi, ricordiamo, è che tutti i partecipanti siano razionali e logici.

Ci permettiamo di dubitare di questo assunto, considerando che il prossimo interlocutore delle cooperative di giornalisti e degli editori puri sarà il ministero del Lavoro, per aprire una gravissima crisi occupazionale, ben più costosa della capienza del fondo per il pluralismo.

Fieg, «par condicio» e prepensionamenti

Andrea Riffeser Monti, presidente Fieg, ha portato al governo le idee dei grandi editori:

  1. raddoppiare i fondi per i prepensionamenti per assumere giovani e ridurre i costi del personale;
  2. royalty per le rassegne stampa in tv e i giornali al bar;
  3. par condicio pre-elettorale anche sui quotidiani;
  4. difesa delle edicole come «servizio pubblico», anche con un «giornalista che lavora direttamente nei chioschi a contatto con i cittadini»;
  5. niente discriminazioni delle aziende pubbliche per la pubblicità sulla stampa.

Upa, i «dati» sono la porta del futuro

Unica donna al tavolo, Giovanna Maggioni, direttore generale dell’Upa, ha ricordato che dal 2008 «il settore della stampa ha perso due terzi del fatturato» degli inserzionisti e che oggi «la pubblicità è soprattutto gestione dei dati».

Ancora: «Google e Facebook da sole assorbono un quarto degli investimenti».

Gli editori dovrebbero proporre alle aziende «brand safety», trasparenza delle interazioni e analisi di dati serie dei propri utenti.

Fnsi, il lavoro al centro

Per il segretario Fnsi Raffaele Lorusso «il nodo centrale deve essere il lavoro. Non si può parlare di informazione senza parlare di qualità del lavoro. Di contrasto al precariato. Senza lavoro regolare non si salva il sistema. Occorre coinvolgere giuristi, professionisti, ricercatori su norme valide anche in prospettiva futura».

Critico con la disintermediazione Beppe Giulietti: «Quando si vogliono cancellare i mediatori, i corpi intermedi, si è fuori dalla Costituzione, senza referendum».

La Giunta Fnsi: «Falsa partenza, ma presenteremo le nostre proposte»

Con un documento votato all’unanimità il 26 marzo, la Giunta Esecutiva della Fnsi «conferma la volontà di partecipare con propri contributi, idee e proposte al tavolo della riforma dell’editoria convocato dal governo» e «denuncia gli errori di metodo e di merito già commessi nella gestione degli inviti e nella declinazione delle materie da trattare».

L’eventuale riforma del settore, rileva l’esecutivo del sindacato, «non può essere preceduta da tagli che riducano ulteriormente la pluralità delle voci eliminando differenze e diversità capaci di rappresentare quei diritti delle minoranze espressamente tutelati dalla prima parte della Costituzione, dall’articolo 21 e più volte richiamati dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che ha ribadito spesso questi concetti: ‘L’emarginazione, l’attenuazione delle rappresentanze sociali e del ruolo dei corpi intermedi rende più fragile la società e più vulnerabili i cittadini’. I continui assalti alla funzione critica del giornalismo, al pensiero critico, alla contrattazione e ai corpi intermedi rappresentano una provocazione perdurante e inaccettabile. Per essere reale e credibile questo confronto deve partire dalla moratoria sul taglio del fondo dell’editoria e dall’immediata messa in sicurezza delle pensioni, del welfare dei giornalisti e dell’Istituto di previdenza di categoria».

Per questo motivo la Fnsi «avvierà un percorso di ascolto e di consultazione per definire proposte concrete da presentare entro metà maggio al tavolo del governo, coinvolgendo anche  tutte le associazioni che sono state inspiegabilmente escluse dal confronto avviato dal sottosegretario Crimi», si legge ancora.

La Giunta esprime infine soddisfazione «per l’approvazione della direttiva europea sul copyright, il cui recepimento sarà imprescindibile per difendere il lavoro dei giornalisti e le loro retribuzioni».

Il documento è stato votato da Alessandra Costante, Anna Del Freo, Mattia Motta, Carlo Parisi, Lorenzo Basso, Anna Russo, Giuseppe Di Pietro, Guido Besana, Ezio Cerasi, Claudio Silvestri, Raffaele Lorusso, Giuseppe Giulietti, Vittorio Di Trapani, Elena Polidori e Daniela Stigliano.