Di fronte alla tragedia che ha colpito la Sardegna, all’alto numero dei morti causato dall’alluvione, i dati che vengono da Roma gridano davvero vendetta. Sono ben 4,3 miliardi di euro i fondi disponibili per la messa in sicurezza dei territori meridionali – stanziati da Ue, Stato e Regioni – e che scandalosamente non sono mai stati spesi. Un «tesoretto» che fa parte dei poco più di 5 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione (Fsc) programmato per il periodo 2007-2013 e di cui finora è stato investito soltanto un miliardo, lasciando inutilizzati, appunto, ben quattro quinti del totale.
Intanto il governo ha messo subito a disposizione 20 milioni di euro, e ieri il presidente del consiglio Enrico Letta, a Olbia, prendendo atto del fatto che «i sindaci chiedono giustamente l’esclusione dal patto di stabilità di quello che sarà la ricostruzione», ha promesso che «sicuramente sarà così».
La denuncia sui 4,3 miliardi non spesi viene dall’audizione del ministro per la Coesione Carlo Trigilia, ieri alla Commissione Bilancio della Camera: ma Trigilia aveva già presentato gli stessi dati in una precedente audizione, il 5 novembre, davanti alla Commissione Ambiente della Camera.
Il numero sarà forse un inedito per l’opinione pubblica, ma certo sia a Roma che soprattutto nelle regioni è più che noto il fatto che i fondi (perlopiù europei, integrati poi da co-finanziamenti statali e regionali) destinati alla manutenzione idro-geologica del territorio finiscano purtroppo per essere spesso sprecati: perché non si mette in campo la programmazione, le conseguenti gare e l’esecuzione, con il risultato che alla fine del singolo ciclo l’Europa ce li chiede puntualmente indietro.
Già nel periodo 2000-2006, come ha spiegato lo stesso Trigilia, «per la difesa del suolo, nelle sole regioni del Mezzogiorno sono stati avviati progetti per oltre 2 miliardi di euro, ma con un effettivo assorbimento del 50% delle risorse finanziarie programmate». Uno spreco imperdonabile, in un paese come l’Italia, che ha assoluta «fame» di interventi per la messa in sicurezza del territorio: se è vero che, come denunciavano ieri i dati diffusi dal Corpo forestale dello Stato, sono ben 5,8 milioni i nostri concittadini esposti a rischio idrogeologico, in una superficie pari al 10% dell’Italia.
«Un evento come quello che purtroppo ha investito la Sardegna non era evitabile – spiega Trigilia – ma ricordo, come ho fatto oggi (ieri per chi legge, ndr) con il premier Letta a margine del Consiglio dei ministri, che il Fondo di sviluppo e coesione prevede 4 miliardi di risorse appostate per lo sviluppo idrogeologico che finora non si sono potute spendere per la complessità dei meccanismi, ma anche perché la spesa delle Regioni pesa sul loro patto di stabilità». Uno dei punti cardine sta proprio qui: le spese per la messa in sicurezza del territorio non sono purtroppo scomputate dal patto di stabilità, e questo è un fattore che frena le spese delle Regioni su questo fronte.
Anche se non è solo questo il punto: già i passati ministri (Fabrizio Barca, e Raffaele Fitto, che dagli Affari regionali aveva la delega) hanno avuto enormi difficoltà a valorizzare questi fondi, che spesso finiscono incastrati nell’inerzia degli enti locali: progetti mal scritti o che arrivano in ritardo, attesa dell’ultimo momento (per esempio i fondi 2007-2013 possono essere spesi fino al 2015, ma la programmazione e l’impegno vincolante dovrebbe concludersi entro dicembre di quest’anno), la mancanza di una regia centrale che monitori e solleciti gli investimenti. Spesso quando il ministero chiede la restituzione delle risorse non spese, le Regioni si rifiutano e li tengono in cassa finché non è l’Europa stessa a richiederle. Non a caso, quest’anno è stata istituita l’Agenzia per la Coesione, ente che farà capo al ministero dello Sviluppo, e che centralizzerà a Roma tutto questo sistema.
Trigilia però vuole evitare, per il futuro, che i vincoli del Patto di stabilità frenino questi investimenti, e così ieri ha proposto un apposito emendamento alla Legge di stabilità, relativo agli anni 2014-2020 (il prossimo ciclo), che vede ben 54 miliardi di euro stanziati per la messa in sicurezza del territorio italiano. L’emendamento, inoltre, servirà a mettere al sicuro i fondi dall’«aggressione» degli altri ministeri, perché non siano un «bancomat».