Equidistante. Dall’inizio alla fine. Senza sconti né rimpianti. Davide Scano, 39 anni, avvocato, sposato con due figli, non accetta imputazioni per la conquista di Venezia da parte del centrodestra. Anzi, difende senza appello la strategia “grillina” dentro e fuori le urne: «A chi dice che la sconfitta è colpa nostra replico, in tutta sincerità: è una vera sciocchezza. Casson, Pd e centrosinistra non hanno certo perso per il Movimento 5 Stelle. Respingo al mittente questa “ricostruzione” a nome di tutto il nostro gruppo».

Allora perché Casson ha perso la sfida di domenica?

A tanti era risultato assai poco credibile l’impianto del centrosinistra. Neppure al ballottaggio il candidato e ciò che gli sta dietro hanno potuto convincere. Significa, se mai, non aver colto e capito che i segnali di cambiamento maturati a Venezia sono più forti del pantano in cui si dibatte il Partito democratico.

Eppure Casson aveva sottoscritto le vostre cinque richieste-chiave…

In tutta la campagna elettorale si è mosso preoccupato di non scontentare nessuno. E non ha mai dimostrato, davvero e fino in fondo, un impeto di coraggio o un’iniziativa decisa nei confronti del passato o di alcuni “settori” della sua coalizione. Tant’è che già al primo turno il centrosinistra ha scontato un altissimo tasso di astensioni.

Ha pesato lo “scandalo Mose” che giusto un anno fa aveva costretto il sindaco Giorgio Orsoni alle dimissioni?

Non solo. Il vero punto è che i giornali nazionali e locali non hanno raccontato Venezia, perfino al di là degli arresti e delle indagini della Procura. Il Comune viene infatti da decenni di pessime amministrazioni: concentrate sulle connivenze con le categorie e sul clientelismo. Era tutto ingessato, mentre si buttavano soldi dalla finestra.

Perché, secondo il M5S, nemmeno un ex pm e un’alleanza all’insegna della della massima trasparenza bastavano a “salvare” Venezia?

Abbiamo calcolato che dal 2007 a oggi è stato svenduto patrimonio comunale per complessivi 500 milioni: azioni Save e delle Società autostrade, ma anche palazzi e altri immobili. Attualmente, Ca’ Farsetti è sommersa da debiti per un miliardo e mezzo di euro, di cui 200 milioni sono i famigerati derivati. Poi c’è il Casinò che va a ramengo a causa delle clausole contrattuali dei dipendenti per cui non si può nemmeno puntare sui nuovi giochi che ora vanno per la maggiore. Senza dimenticare un altro dato eloquente: a Venezia si spendono due milioni di euro all’anno in consulenze esterne, anche se ci sono 3.300 dipendenti comunali più altri 7 mila delle società partecipate.

Scusi, Scano, ora che farete?

Noi siamo post-ideologici. In aula con le due colleghe elette faremo opposizione più seria, perché anche propositiva. Ci votano come “cani da guardia”, ma a Venezia non siamo neofiti e possiamo contare su una rete ormai consolidata di cittadini attivi.

Niente sconti nemmeno a Brugnaro?

Lui ha provato spesso ad ammiccare, anche prima del ballottaggio. Peccato che soltanto la sua vecchia idea di urbanistica e la partita delle Grandi Navi non lasciano margini né dubbi al nostro giudizio.

Ma, insomma, qual è stata la vera chiave di volta del ballottaggio?

Porto e aeroporto, soprattutto, direi. Da una parte, quel che ruota intorno alla Marittima. E dall’altra il “giro” del Marco Polo, compresi i progetti nel quadrante Tessera. Noi, comunque, aspettiamo Brugnaro anche sulle nuove linee del tram ex Lohr, visto che i costi sono lievitati da 127 a 208 milioni. Il nuovo sindaco, forse un po’ mal consigliato, sostiene che occorre portare il tram fino all’ospedale. Peccato che nella vera città metropolitana basta già la fermata del Smfr, senza bisogno di dirottare tante altre linee di trasporto pubblico.