Livorno possiede un’autenticità innegabile, molto viva nell’immaginario italiano e bene ha fatto Marco Philopat, l’editore, a commissionare a Luca Falorni Voci possenti e corsare. La Livorno ribelle dagli anni ottanta a oggi (Agenzia X, pp. 260, euro 15).

LA CITTÀ è stata spesso raccontata, in libri e film, forse perché, come disse Piero Ciampi nel 1976: «Livorno è un’isola, è la città più difficile, c’è tutta la contraddizione di questo mondo: ci sono gli americani, c’è il più grande monte di Pietà una delle più numerose comunità ebraiche, qui è nato il partito comunista e c’è anche una squadra di calcio che milita in serie C ma che meriterebbe lo scudetto in A».
Eppure le storie difficili spesso sono anche quelle più interessanti. Livorno è sponda per varie mitologie ribelli, nella politica, nell’arte, come non ricordare l’azione situazionista delle «teste di Modigliani», nello sport, con la sua celebre curva, e anche nell’umorismo, con il Vernacoliere. E si potrebbe continuare con le scritture diversissime ma entrambe insubordinate di Giorgio Caproni e Carlo Coccioli.

C’era però una storia non raccontata, quella degli spazi e delle persone che hanno movimentato la città negli ultimi trent’anni, lo fa ora Voci possenti e corsare, raccogliendo – con il metodo insegnato da Danilo Montaldi in Autobiografia della leggera – le dichiarazioni di attivisti di realtà sociali che rappresentano esperienze dissidenti da quella ufficialità istituzionale che, con la transizione dal Pci al Pd, ha governato il comune fino al 2014, quando i grillini hanno sfruttato l’onda dello scontento per vincere le elezioni.

TRENT’ANNI corrono veloci tra luoghi e gruppi: Collettivo spazi sociali, Villa Sansoni, Godzilla, Teatrino occupato, Teatro del Porto, la Fabbrica, Teatrofficina Refugio, Federazione anarchica, lo stadio, Caserma occupata, Centro politico 1921, Senza Soste, associazione Don Nesi, L’impulso, Centro per la pace, Teatro Mascagni, i fond
Come in L’onda d’urto, storia della radio lombarda, pubblicato sempre da Agenzia X, anche qui colpisce la vitalità degli anni Ottanta che reagiscono al riflusso politico con esperienze non di massa ma seminali. «Creature simili» attraverseranno gli ’80 tra analisi della ricomposizione di classe, autonomia creativa, tensioni libertarie, punk, nuovi linguaggi e tecnologie, ma con una particolare predilezione per il teatro e l’arte performativa.

L’INTRECCIO delle dichiarazioni è preceduto da tre testi importanti: l’«educazione sentimentale» di Falorni (che è anche videomaker e poeta) dentro la livornesità, un emozionante e raffinato pezzo di scrittura che ricorda le prose di Luciano Bianciardi e fa sperare a ulteriori prove narrative; e due analisi sull’anomalia e l’originalità del movimento livornese di Silvano Cacciari e di Franco Marino, redattore di Senza Soste, interessante esperienza mediatica.
È Giorgio Caproni a benedire simbolicamente questo titolo. Il poeta muore a Roma nel 1990, ma i suoi ultimi splendidi versi pubblicati in Res amissa contengono la «verità livornese» fatta di poesia, provocazione, immaginazione e ribellione che percorre il libro: «Guardateli bene in faccia. / Guardateli. / Alla televisione, / magari in luogo di guardar la partita. / Son loro, i “governanti”. / I “tutori” / – eletti – della nostra vita. / Guardateli, i grandi attori: / i guitti. / Degni / – tutti – dei loro elettori. / Proteggono i Valori / (in Borsa!) e le Istituzioni… / Ma cosa si nasconde / dietro le invereconde / Maschere? / Il Male / che dicono di combattere? / Toglieteceli davanti. / Per sempre. / Tutti quanti».