Massimo Livi Bacci è uno dei più autorevoli demografi italiani. È stato professore nelle università di Roma e Firenze e accademico dei Lincei, ha insegnato negli Usa, in Messico e Brasile e ha presieduto per un ventennio l’Unione internazionale di studi scientifici sulla popolazione. Tra il 2006 e il 2013 è stato senatore per il Pd e si è occupato di politiche sociali e dell’immigrazione.

Prof. Livi Bacci, quali sono le cause del record negativo demografico di quest’anno, in cui si sono registrate meno di 400 mila nascite?

Il primo fattore è la diminuzione del numero di persone in età riproduttiva. Poi c’è il basso numero di figli per coppia, un elemento costante nel tempo e che non riguarda certo solo l’Italia. In Corea del Sud, uno dei centri nevralgici della globalizzazione, il numero di figli per coppia è sceso sotto l’unità. È un caso estremo ma ci sono tanti esempi non molto lontani. Le indagini dicono che la propensione a fare figli più o meno è rimasta la stessa: in media si desiderano due figli per coppia, e sono i fattori di natura sociali a impedire alle coppie di raggiungere questo obiettivo.

Quali politiche hanno dimostrato un effetto positivo nello stimolare la natalità?

Dalle esperienze nei paesi in via di sviluppo sappiamo abbastanza bene come favorire la diminuzione della natalità, molto meno come aumentarla. I Paesi a bassa natalità hanno messo in campo strumenti diversi: la «dote materna» in Russia, il quoziente familiare in Francia, gli assegni familiari in Germania. Ma una bacchetta magica non c’è. Ciò che conta è che le buone pratiche siano stabili nel tempo, e non cambino a ogni governo, e puntino su tre obiettivi: autonomia giovanile visto che in Italia i giovani la raggiungono con diversi anni di ritardo rispetto ad altri paesi europei, un aumento della partecipazione femminile al mondo del lavoro e una maggiore condivisione dei compiti tra i partner nell’allevamento dei figli.

Quindi è sbagliato invocare un ritorno alla famiglia tradizionale, quella in cui la donna si dedica ai figli e alle faccende domestiche, per superare la denatalità?

In una famiglia in cui lavora anche la donna ci sono due redditi. Questo crea prospettive economiche di maggiore stabilità e aiuta a pianificare una famiglia. È quello che dicono anche i numeri. In Europa i paesi meno disastrati dal punto di vista demografico sono quelli scadinavi, che hanno politiche di forte sostegno all’occupazione femminile e in cui la partecipazione delle donne al lavoro è più elevata. Al contrario, in Italia si fanno meno figli nelle regioni del sud, dove le donne lavorano meno.

Se è importante che le politiche per la natalità siano stabili nel tempo, allora è sbagliato farne una bandiera politica come fa la destra.

Certo, perché polarizza e impedisce che diventi un tema condiviso. Prendiamo l’esempio della Francia, dove le politiche per la famiglia ci sono da settant’anni e hanno portato risultati. Destra e sinistra non le hanno mai alterate se non su aspetti minori. Le coppie dunque sanno che possono contarci nel lungo periodo. Se invece le politiche sono ballerine e cambiano a ogni governo, si crea uno sconcerto che scoraggia la natalità. L’assegno unico per i figli può essere un buon provvedimento, ma richiede risorse e sostegno politico.

Le proiezioni demografiche di lungo periodo prevedono un’Italia spopolata di qui alla fine del secolo. Quanto sono affidabili questi scenari?

Non molto. Per fare una proiezione di qui a cent’anni occorre prevedere come si comporteranno i ventenni di oggi, i loro figli e i loro nipoti. Nessuno scienziato è in grado di fare queste previsioni. Dunque si tratta di esercizi certamente utili, ma a cui non bisogna attribuire un valore predittivo. Altra cosa sono le proiezioni di qui a venti o venticinque anni. Ma più in là non si può andare.

Anche i flussi migratori sono difficilmente prevedibili sul lungo periodo.

Chi lo sa quali saranno le condizioni politiche di qui al 2100? L’impatto migratorio numericamente non è trascurabile e ha un effetto positivo: l’arrivo di giovani in Italia aumenta il contingente di persone che possono e vogliono fare figli, evita che il paese si avviti in una crisi e che le condizioni peggiorino. L’Italia per ora è attrattiva e la domanda di immigrazione c’è, lo sanno anche i leghisti più retrivi ma non lo diranno mai.

Nel dibattito sulla gratuità della pillola anticoncezionale, a destra c’è chi sostiene che sarebbe in contrasto con le politiche per la natalità. L’accesso ai contraccettivi ha un impatto negativo sulle nascite?

Assolutamente no. Nella storia, anche quando non erano disponibili i contraccettivi odierni, il modo per non avere figli è stato sempre trovato. Se oggi si impedisce l’accesso a contraccettivi sicuri e efficaci, non si incentivano le nascite ma si aumenta il ricorso all’aborto e le sofferenze.