A volte a essere troppo veloci con i tweet si rischia di fare danno. Tanto più se a farlo è il ministro degli Interni che, spinto dall’ansia di pubblicizzare un successo delle forze dell’ordine, mette mano al cellulare quando le operazioni di polizia sono ancora in corso.

Lo ha fatto ieri mattina Matteo Salvini cinguettando di buon mattino (alle 8,57) la notizia di una serie di arresti: a Palermo nei confronti di esponenti della «nuova cupola di Cosa nostra», a Bolzano di alcuni spacciatori e a Torino dove, tweetta il ministro, «altri 15 mafiosi nigeriani sono stati fermati dalla polizia». Troppi particolari, e soprattutto forniti in maniera intempestiva, per il capo della procura torinese Armando Spataro, che qualche ora dopo rimprovera il ministro di aver rischiato di danneggiare le conclusioni di un’indagine durata anni su spaccio di droga e prostituzione gestito dalla mafia nigeriana. La procura, scrive in una nota Spataro, «si augura che, per il futuro, il ministro dell’Interno Matteo Salvini eviti comunicazioni simili» o «voglia, quanto meno informarsi sulla relativa tempistica al fine di evitare rischi di danni alle indagini in corso».

La reazione del ministro leghista è come al solito sprezzante ed accende l’ennesimo scontro con il magistrato che, in passato, non ha mai risparmiato critiche alle politiche del governo nei confronti degli immigrati. «Se il procuratore capo a Torino è stanco, si ritira dal lavoro: a Spataro auguro un futuro serenissimo da pensionato». Che poi in una diretta Facebook spiega: «Quando un procuratore dice che con un mio tweet metto a rischio un’operazione, sbaglia. Nei modi e nei tempi». «Se ho il bisogno di dire qualcosa a qualcuno prendo il telefono. Così succede tra istituzioni pubbliche. Questo procuratore tra quindici giorni va in pensione». Infine la stoccata conclusiva: «Buon lavoro a tutti i magistrati a meno che qualcuno non voglia candidarsi alle elezioni». E in serata Salvini spiega di essere stato avvisato alle 7 del mattino che le operazioni di polizia erano concluse. «Quando c’e’ un’iniziativa riservata mi si scrive ‘aspettiamo a dirlo’ e io aspetto. Stamani i primi sono stati i carabinieri a fare un’operazione antimafia in Sicilia, poi alle 7,22 mi hanno detto di altre operazioni e io ho fatto i complimenti alla polizia. Non ho ancora capito come ho fatto saltare l’operazione, come dice Spataro. Forse non sto simpaticissimo a Spataro, forse si è alzato male. La Ps mi confermato che l’operazione era finita, ho il messaggio».

Parole durissime nei confronti di un magistrato tra i massimi esperti di terrorismo e che in passato ha condotto indagini delicate come quelle sul rapimento dell’ex imam Abu Omar, ma anche sulle Brigate Rosse, Prima Linea, l’omicidio Tobagi. Per poi passare, alla fine degli anni 80, a occuparsi delle infiltrazioni delle mafie calabrese e siciliana nel Nord Italia. Non a caso le reazioni all’attacco del titolare del Viminale non si fanno attendere. Il vicepresidente del Csm David Ermini chiama al telefono il procuratore di Torino per esprimergli solidarietà a definisce «sprezzanti» i toni usati dal ministro. Sempre nel Csm quattro consiglieri togati di Area, Giuseppe Cascini, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano e Giovanni Zaccaro, chiedono di aprire una pratica a difesa di Spataro mentre il senatore di LeU Pietro Grasso, ex procuratore antimafia, parla di «incompetenza» del ministro: «Per prendersi il merito Matteo Salvini ha reso pubblica un’operazione della procura di Torino prima che fosse conclusa. Una fuga di notizie istituzionale che ha finito col favorire i criminali. E’ frutto di incompetenza, non di dolo, altrimenti ci sarebbero gli estremi per una incriminazione per “favoreggiamento”». Matteo Renzi definisce Salvini uno «sciacallo» che «si è montato la testa», mentre i deputato dem Michele Anzaldi chiede la chiusura della «costosissima mega-struttura per la comunicazione per i social portata da Matteo Salvini al Viminale, a spese degli italiani».