La prima vittima dei difensori della famiglia rischia di essere proprio la famiglia di governo gialloverde che in fondo, va detto, proprio tradizionale non è. Arrivato a Verona per omaggiare i partecipanti al World Congress of families, Matteo Salvini scatena infatti una nuova polemica con gli alleati prendendosela prima con Luigi Di Maio e poi con il sottosegretario Vincenzo Spatafora, colpevole di aver ricordato come gli argomenti in discussione a Verona non facciano parte del programma di governo. Immediata la replica salviniana: «Spatafora si occupi di rendere più veloci le adozioni, ci sono più di trentamila famiglie che attendono di adottare un bambino», è il fendente assestato dal ministro degli Interni. Che più tardi lo estende anche al premier Giuseppe Conte, tanto da provocare in serata una stizzita presa di posizione da parte di Palazzo Chigi: «Bisogna studiare le cose prima di parlare, altrimenti si fa solo confusione», è la replica affidata a una nota: «La delega in materia di adozioni di minori italiani e stranieri è attualmente ed è sempre stata in capo al ministro della Lega Lorenzo Fontana. Il presidente del consiglio ha solo mantenuto le funzioni di presidente della commissione per le adozioni internazionali».

Fulmini che non arrivano certo a ciel sereno. Sono giorni infatti che l’adunata veronese divide i 5 Stelle dalla Lega, con i due vicepremier che si scambiano battute al vetriolo. A Di Maio, che aveva definito «sfigati» i partecipanti al congresso, ieri Salvini risponde direttamente dal palco del palazzo della Gran Guardia: «Lo dico con massimo rispetto a qualche distratto amico di governo che pensa che qua dentro ci sia un ritorno al passato. Qua dentro si prepara il futuro. E se parlare di papà, mamme e figli significa essere sfigati, io sono orgoglioso di essere sfigato». Parole alle quali il vicepremier pentastellato replica dalla contromanifestazione sulle politiche giovanili organizzata a Roma dal Movimento: a Verona, dice, ci sono i «fanatici» che affrontano il tema della famiglia «con l’odio verso il prossimo e la discriminazione». Controreplica di Salvini: «Odio? Sì fuori c’è odio. Di Maio sbaglia piazza». Insomma, il solito confronto tra alleati.

Fino ai fuochi artificiali della sera, la partecipazione del capo leghista alla manifestazione di Verona era stata abbastanza sottotono. Certo, gli applausi non sono mancati, seppure un po’ tiepidi, e alla fine, quando Salvini è sceso dal palco, intorno a lui si è radunata anche una piccola folla per i selfie di rito. Tutto sommato, però, si è trattato più che altro di cortesie istituzionali, il doveroso rispetto che si deve a un ospite che per di più è anche ministro e vicepremier.

La scintilla tra Matteo Salvini e la platea del World congress of families infatti non è scoccata e probabilmente non avrebbe potuto essere altrimenti visto lo scarso entusiasmo con cui vari esponenti della Lega – nonostante presenze pesanti come quelle del governatore del Friuli Venezia Giulia Fedriga e de ministro per la Famiglia Fontana – hanno accolto l’appuntamento. Ancora di più se si pensa che lo stesso Salvini si è fatto precedere dall’affermazione che la legge 194 sull’aborto «non si tocca». Non proprio un particolare secondario per il popolo della famiglia «tradizionale», al quale solo ventiquattro ore prima il fondatore del Family Day Massimo Gandolfini aveva detto che occorre rimettere mano a quella stessa legge e «impedire l’aborto terapeutico al quinto mese».

Eppure per scaldare i suoi ospiti il ministro leghista ce la mette tutta, destreggiandosi in equilibrismi politici per soddisfare chi lo ascolta senza concedere troppo. «Sono venuto nonostante le polemiche» sottolinea, e «sono qui per aiutare chi fa figli, ma anche per difendere i diritti di chi non ha voce: i bambini, che non possono essere vittime dell’egoismo degli adulti». Da qui la promessa di una prossima modifica del diritto di famiglia: «Sì perché il matrimonio può finire ma i bambini devono avere una mamma, un papà e i nonni, non genitore uno e genitore due».

Come al solito Salvini parla e fa promesse come se fosse lui il premier, E almeno in parte le cose che dice risultano gradite alla platea, che resta però fredda quando afferma che «ognuno va al letto con chi gli pare». Ma che si scalda quando, sempre a propositi di bambini, il ministro lancia la nuova campagna dopo quella sull’immigrazione. «Smontato il business degli immigrati clandestini, ora metto l’occhio sul business delle case famiglia, perché su 3.000 che ce ne sono ce n’è qualcuna che non molla il minore perché frutta milioni di euro».