La voce di Franco Maresco ha un suono inconfondibile, è quello dei Cinico tv con le domande dolorosamente ironiche ai suoi personaggi sospesi nel vuoto. E delle polemiche, delle dichiarazioni ruvide, delle conversazioni «a distanza» con il suo amatissimo Tony Scott, così come lo abbiamo ascoltato nel film – Io sono Tony Scott – dedicato al grande jazzista.
A Venezia Maresco è venuto più volte, erano gli anni in cui lavorava insieme a Daniele Ciprì, prima «cinici» televisivi, poi passati al grande schermo: Lo zio di Brooklyn, Enzo domani a Palermo, Il ritorno di Cagliostro, Come inguaiammo il cinema italiano – La vera storia di Franco e Ciccio. A un certo punto Maresco e Ciprì come capita nei sodalizi artistici migliori si sono separati – gli dico:«Pensa a Jerry Lewis e Dean Martin!». Sospiro. Sorriso accennato al telefono.
Maresco è quest’anno di nuovo al Lido con un lavoro piccolo piccolo (parliamo di durata) in Venezia 70 Future Reloaded, una serie di cortissimi «commissionati» dalla Mostra per festeggiare i suoi primi settant’anni a 70 registi che vi hanno partecipato – tra gli altri Guido Lombardi, Salvatore Mereu, Amir Naderi, Ermanno Olmi, Nicolás Pereda, Franco Piavoli, João Pedro Rodrigues, Todd Solondz, Jean-Marie Straub, Tariq Teguia, Athina Tsangari, Wang Bing, Apichatpong Weerasethakul.
Quando ci parliamo ha appena finito di girare il suo episodio in complicità con un altro cineasta, Pietro Marcello (pure lui tra i magnifici Settanta) – «Nel corto che ho finito in ritardo ci sarà la voce di Pietro» dice. In realtà l’occasione della nostra chiacchierata è un’altra, oltre al piacere di conversare con uno degli artisti più visionari di questi tempi. E cioè il progetto che Maresco ha su Franco Scaldati, drammaturgo, attore palermitano morto qualche mese fa a cui era legato da una amicizia «vera», e da un’affinità dello spirito. Indipendente a costo di rischiare la marginalità – Scaldati non aveva nemmeno un teatro a Palermo, la sua città, nonostante i riconoscimenti critici – come Maresco ha sempre combattuto per la sua arte nella Palermo (Italia) di oggi.
Poi c’è anche Belluscone. Una storia siciliana, il film su Berlusconi a cui sta lavorando da anni, e che nel frattempo è diventato qualcos’altro. Su Scaldati intanto Maresco ha messo insieme un montaggio di materiali inediti e passaggi di un dialogo tra i due che percorrrono il cuore della città per uno speciale trasmesso da Fuori orario – in omaggio all’artista scomparso – qualche settimana fa. Il suo sogno però, che poi è quasi una promessa, è riuscire a portare sul palcoscenico dei suoi testi che Scaldati era convino fossero stati scritti per lui. «É stato mio amico e maestro, ci conoscevamo dagli anni Ottanta. Franco ha sempre seguito la cosa pubblica, e l’ultima volta è venuto a una delle proiezioni che organizzo la mattina nelle scuole, era dedicata a padre Puglisi. Avevamo prodotto un suo spettacolo, poi aveva incontrato Franco Quadri e era diventato il Beckett di Sicilia, era inziato il suo periodo d’oro almeno dal punto di vista della critica perché per il resto è stato sempre fuori dalle istituzioni… Abbiamo iniziato a fare progetti, io lo filmavo e ho continuato a farlo fino agli anni Novanta.

[/IPensavi a un film su Scaldati?
Sì, ma poi ho rotto con Ciprì e le cose sono diventate molto complicate … Franco mi ha coinvolto in una serie di spettacoli, un’esperienza importante perché lui era un poeta unico, e aveva un’idea di teatro molto forte che si dovrebbe divulgare. Il pozzo dei Pazzi e Uccio sono capolavori. Lui voleva che curassi la regia di Uccio, diceva che dovevo metterlo in scena, che era giusto per me. Purtroppo mancavano i soldi e non ci sono riuscito, è un grande rimpianto. Adesso ho avuto l’interesse di Mario Martone, che si è detto pronto a sostenere questo progetto, a farlo girare perché Franco Scaldati deve essere ricordato. Il problema è che manca la pratecipazione della città di Palermo. Franco avrebbe voluto festeggiare i suoi settan’anni con un suo teatro, e se ne è andato dal mondo e da Palermo senza averlo mai. E non per narcisismo, la cosa che più gli premeva era poter fare i suoi laboratori, i ragazzi lo adoravano. Provava a casa sua, dove lo ospitavano… Se Palermo che ora è ancora emoizonata per la sua morte ha interesse a produrlo questo lavoro … Chissà.

E «Belluscone»? Chi è il protagonista di questa «Storia siciliana?»
Nonostante il titolo Berlusconi non c’entra quasi per niente. Non più almeno. L’idea è adesso di raccontare il berlusconismo attraverso i cantanti neomelodici. La storia di questo film è lunga e complicata, a un certo punto avevo deciso di mollarlo, non riuscivo a trovare i soldi, nessuno era disposto a metterci qualcosa tranne Andrea Occhipinti e Degli Espostiche hanno visto una specie di premontato decidendo di darmi una mano. Devo dire che sono stati molto generosi, a quel punto lì non c’era una scenegggiatura e quello che hanno visto era ancora un gran casino.

E poi cosa è successo?
Avevo circa cinquecento ore di girato di quello che era partito come un documentario su Silvio Berlusconi. A un certo punto ho incontrato uno strano personaggio, un impresario di cantanti neomelodici, una specie di Enzo Castagna, (il protagonista di Enzo domani a Palermo!, ndr), e girando con lui nelle varie feste e serate di piazza ho avuto una intuizione geniale. Ho lasciato perdere tutte le ore che avevo di interviste con giudici e pentiti, anche quella con Dell’Utri, per concentrarmi su di loro. Perché i cantanti neomelodici sono collusi con la mafia, e a partire da qui ho seguito questa via forse stranissima, in cui il manager diventava una specie di Berlusconi.

Il manager neomelodico come Silvio?
Guarda che il mondo delle feste di piazza e dei cantanti neomelodici palermitani è un universo parallelo alla nostra realtà Intanto sono tutti berlusconiani, si dividono tra Palermo e Catania, alcuni finiscono in galera perché mandano messaggi trasversali ai detenuti che sulle loro radio e tv private vengono chiamati «ospiti dello stato». Mandano anche messaggi in codice per i mafiosi, e ogni tanto la polizia li intercetta … É un mondo di superstiti ormai che è meraviglioso. Ho continuato le riprese fino all’inizio di quest’anno, poi come ti dicevo stavo pensando di lasciar perdere, ma Pietro Marcello ha visto i materiali, mi ha detto che sarei stato un pazzo a non montarli. E ha deciso di aiutarmi. Ora stiamo lavorando al montaggio con Sara Pfgaier che è bravissima. Berlusconi è sempre di attualità purtroppo, e il film perciò parla dell’Italia e del mondo, anche se non solo di questo.

E quali sono gli altri argomenti che cerchi di mettere a fuoco?
Indago la fine della natura umana provando a spiegare perché Berlusconi ha avuto un così grande successo in Sicilia ma senza sociologia, inchieste. Vorrei piuttosto riuscire a fare un romanzo grottesco, surreale, che ripercorra le cose in modo inedito. I personaggi che popolano il film li vedo umani, in fondo più di una certa alta borghesia … Parlo delle periferie ma anche della merda che questa borghesia connivente e complice, pure quella salottiera di sinistra, ha permesso fingendo di non vedere, di non capire.

Palermo ancora una volta.
Ma Palermo è un laboratorio in cui si fanno le prove tecniche di quanto avverrà nel paese negli anni a venire. È così dal ’43.