E’ sempre l’Italia… a fondo perduto. La distanza dall’Europa si misura – a dispetto del premier «semestrale» Matteo Renzi – con il solito verso dell’insipienza gestionale. Le cifre sono più che eloquenti. Bruxelles ha stanziato nel periodo 2007-2013 quasi 28 miliardi a favore della “convergenza” e della “competitività” delle regioni italiane. Ne sono stati effettivamente investiti e utilizzati 13,5. E i restanti 14 miliardi 390 milioni non risultano nemmeno impegnati: di fatto, il 31 dicembre 2015 l’Unione europea potrà far scattare il «disimpegno automatico» dell’erogazione.

Un focus che lascia interdetti. E’ il rapporto di 25 pagine e 23 tabelle redatto dall’Eurispes incociando i report della Commissione europea con le statistiche del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica. Un pessimo biglietto da visita sulla capacità di governare e far quadrare i conti: si rischia di bruciare per pura inefficienza l’equivalente dell’1% del Pil 2013 e nello stesso tempo di far accendere i riflettori Ue su come sono stati assegnati, gestiti e utilizzati i soldi. Si tratta dei fondi strutturali divisi in tre filoni: convergenza (per la riduzione delle disparità regionali); competitività regionale e occupazione; cooperazione territoriale europea.
Il clamoroso flop registrato mette già a repentaglio i 32,8 miliardi di euro previsti dal bilancio preventivo Ue per il nuovo settennato (2014-2020). L’Italia è diventata il secondo Paese dell’Europa a 28 (dopo la Polonia che con 77,5 miliardi calamita oltre il 22% delle risorse) a beneficiare dei finanziamenti per la «politica di coesione». Sull’altro piatto della bilancia, i “contributi” di Roma alle casse di Bruxelles nel 2013 sono stati poco più di 13 miliardi (rispetto ai 23,8 della Germania e ai 17,6 della Francia).

Ma il vero stridore contabile resta quello dello spreco: il ministro “europeo” Pier Carlo Padoan cerca di manovrare con 20-25 miliardi, mentre la sbandierata ripresa ne spreca 14 fra ritardi, burocrazie e inerzie di tutte le Regioni.

La verità era già affiorata nell’aula dell’Europarlamento, quando a settembre 2012 il Commissario europeo alle Politiche regionali Johannes Hahn rispondeva così all’interrogazione della leghista Mara Bizzotto: «Per il periodo 2007-2013 sono stati stanziati a favore dell’Italia 28,7 miliardi di euro dei Fondi strutturali. Comprendendo il cofinanziamento nazionale, il volume totale del finanziamento disponibile ammonta a 60,1 miliardi di euro». Allora l’Italia era a meno di un quarto della capacità di allinearsi agli investimenti Ue.

E ora la radiografia statistica è davvero senza appello. L’imperativo categorico della competitività si traduce in 6,2 miliardi di finanziamenti europei affidati alle regioni, ma con 2,1 miliardi tuttora rimasti sulla carta e sprovvisti perfino di progetti. Ecco la “radiografia” nel dettaglio: la Provincia autonoma di Bolzano ha utilizzato 85 milioni contro 31 non spesi; in Lombardia sono 547 quelli impegnati contro 181; in Emilia il rapporto diventa 456 a 132; in Toscana 649 a 210; nel Lazio 733 a 274; in Abruzzo 267 a 101.

Il rapporto Eurispes stila la classifica sul tasso di attuazione medio dei programmi operativi regionali (Por). Regioni virtuose la Basilicata ed in minor misura la Puglia, che brillano anche in rapporto al resto del Sud. In ritardo clamoroso, invece, la Campania che non va oltre il 33% di utilizzo dei fondi Fesr (4 miliardi). La Sicilia ha ottenuto lo stanziamento più alto (4,3 miliardi): il “sistema della formazione”, da solo, incarna il deficit europeo…

Infine, Eurispes conferma il verdetto più eclatante sull’Italia che non cambia verso. Dal 1 gennaio 2006 al 31 dicembre 2013 colleziona un sesto delle “raccomandazioni” da parte dell’Olaf cioè l’Agenzia europea antifrode (diretta dal magistrato trentino Giovanni Kessler). Su 436 segnalazioni giudiziarie inoltrate agli Stati membri della Ue, a palazzo Chigi ne sono state recapitate 71 di cui 26 con «investigazione criminale in corso». Una in più della Romania, mentre il Belgio è a quota 43 con Germania e Spagna a quota 30. Finlanda, Irlanda e Slovenia ne hanno avuta soltanto una.

L’Olaf è inoltre dovuta intervenire con ben 43 “sentenze” sempre in materia di finanziamenti irregolari avvenuti attraverso i fondi strutturali: ben 25 i procedimenti anti-frode conclusi con una condanna. L’Italia è in vetta all’Europa da questo punto di vista, sintomo evidente di come le lobby specializzate nella gestione dei finanziamenti di Bruxelles siano tutt’altro che trasparenti, specchiate e disinteressate.