Mentre l’Italia sta franando, il parlamento cerca di condonare gli abusi edilizi, sempre rimandando l’abbattimento degli immobili costruiti illegalmente. Come se già non fossero storicamente documentati gli scempi causati dagli ultimi tre condoni edilizi (nel 1985, nel 1994 e nel 2003). Il fenomeno è così diffuso che è quasi impossibile da censire (manca ancora una mappatura nazionale del fenomeno), ma basta un dato anche parziale per spiegare come mai la penisola si stia sgretolando sotto le frane e tra le piene dei fiumi: solo nel 2013 sarebbero stati costruiti 26 mila immobili illegali.

Nasce da qui l’urgenza della campagna “Abbatti l’Abuso” cui hanno già aderito il Consiglio nazionale dei geologi, quello degli architetti, Libera, Avviso Pubblico e Legambiente, che ieri ha presentato il dossier “Abusivismo edilizio: l’Italia frana, il Parlamento condona”, un atto d’accusa che chiama in causa il governo e fotografa un territorio mortificato dall’incuria e dalla storica incapacità di ripristinare la legalità, soprattutto quando si tratta di salvaguardare il bene pubblico.

Si può ben dire che il fenomeno dell’abusivismo edilizio sia l’unico settore del “made in Italy” che non conosce crisi – nonostante la perdita di quasi 700 mila posti di lavoro in pochi anni denunciata dall’associazione nazionale dei costruttori edili. Le betoniere illegali nei cantieri improvvisati, infatti, continuano indisturbate ad impastare cemento al ritmo di almeno 26 mila immobili all’anno (tra ampliamenti e nuove costruzioni). Più o meno il 13% del totale delle nuove costruzioni: una nuova casa su dieci è fuori legge.

Non è una novità ma è il sintomo di una metastasi le cui radici si perdono nei decenni: solo nell’ultimo, tra il 2003 e il 2011, sono state conteggiate circa 258 mila case abusive per un giro d’affari illegale che Legambiente stima attorno ai 18,3 miliardi di euro. E’ più complicato azzardare altre stime andando ancora più indietro nel tempo, fino agli anni del cosiddetto boom, ma in questo caso basta un semplice sguardo nelle zone più fragili del paesaggio, spesso nel sud, quasi sempre sul litorale, per ritrovare la fotografia più nitida di un disastro ormai quasi impossibile da cancellare. Sono le più brutte cartoline della Sicilia e della Campania, rispettivamente prima e seconda tra le regioni dove ha imperato l’abusivismo edilizio anche nel 2013 (nell’isola sono stati registrati 476 illeciti, 725 persone denunciate e 286 sequestri, mentre in Campania c’è stato il più alto numero di sequestri). La Sardegna nel 2013 si è pericolosamente avvicinata alla vetta e si segnala per il maggior numero di persone denunciate (988). Puglia e Calabria si sono piazzate rispettivamente quarta e quinta nella classifica dell’abuso edilizio.

“L’abusivismo edilizio – spiega Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – rappresenta un’autentica piaga nazionale, prospera indisturbato da decenni e non conosce crisi, nutrendosi di alibi e giustificazioni. Ad essere occupate sono state le coste, i letti dei fiumi, i pendii delle montagne, senza pensare al danno paesaggistico ma nemmeno al pericolo di realizzare case, terrazze, alberghi, scuole e uffici in aree dove non si dovrebbe piantare nemmeno una tenda da campeggio”.

Il 2013, ammette l’associazione ambientalista, è stato anche un anno piuttosto ricco di demolizioni anche importanti. Gli “scheletri” di Lido Rossello e di Scala dei Turchi sulla costa agrigentina, per esempio, finalmente abbattuti dopo venti anni di battaglia legali. Però non basta e non basterà mai, se è vero che lo scorso anno “è stato denso di tentativi per approvare in parlamento un nuovo condono mascherato sotto le forme più diverse”. Almeno cinque, sostiene Legambiente, tutti bloccati tranne uno, il ddl Falanga che un mese fa è passato al senato con 189 sì, 61 no e 7 astenuti.

Legambiente riconosce la necessità di affrontare il problema “serissimo” del bisogno abitativo, ma non ci sta quando per fermare le ruspe e salvare le case fuorilegge si invoca un presunto abusivismo di necessità. Se questo abusivismo della “povera gente” esiste, ribatte Rossella Moroni, “i Comuni hanno l’obbligo di provvedere all’assegnazione in via prioritaria di un alloggio sociale”. Altrimenti viene facile pensar male, “a meno che non si ammetta che dietro a questo alibi si celano anche le ville di notai, farmacisti, avvocati e imprenditori”.

Di fatto però l’azione di demolizione e ricostruzione è quasi sconosciuta in Italia: su 1.354 comuni interpellati dalla ricerca Ecosistema Rischio 2013, solo 55 negli ultimi due anni hanno detto di aver avviato delocalizzazioni. E dire che abbattere un immobile abusivo non è una facoltà di questa o quella amministrazione ma un obbligo di legge. A questo proposito, Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, si augura che il parlamento approvi al più presto la proposta di legge Realacci sulle demolizioni già presentata sia alla camera che al senato: “Il parlamento darebbe un segno concreto di vicinanza a quanti, sindaci, magistrati, prefetti fanno ogni giorno con onore il proprio mestiere, spesso isolati, osteggiati e minacciati”. Anche perché nel 2013 gli interventi di demolizione censiti sono stati 12. Uno scandalo nello scandalo.