Ci si aspetta molto, da alcuni. Da alcune ancora di più. Esce oggi a cinque anni dall’ultimo, il nuovo disco di Carmen Consoli. L’abitudine di tornare. Un titolo che è un programma. Quando entra, nella sala in cui è organizzato l’incontro di presentazione, nonostante lo stivale taccato, quasi non ci si accorge che stia camminando verso il palco allestito per l’occasione. È minuta, delicata, leggera. È, sempre, una ragazza. Carmen ha compiuto quaranta anni, ha fatto un figlio, è diventata una donna, insomma. Rappresenta tutta quella generazione di fanciulle cresciute, nonostante tutto. Nonostante i loro volti giovani e la pelle chiara. Eppure è così.

Forse a lei non è pesato questo distacco, ma basta ascoltarla per pochi minuti per rendersi conto di quanto, invece, lei sia mancata a noi. È proprio vero che tutto scorre talmente veloce di questi tempi che ci siamo ormai abituati a una musica che va e viene. A testi scritti da qualcuno per qualcuno, così, per farlo. Per buttare giù due note che possano armonizzarsi con una bella voce. Ma le parole di Carmen sono un’altra cosa. È un altro mondo, la musica. Non c’è giudizio in questo, non da parte sua «detesto essere giudicante. Non voglio dare direzioni, io ho preso la mia ma non sempre si deve dire tutto. Preferisco le note subliminali».

L’album è nato di getto in due mesi, tra luglio e agosto dell’anno scorso. È però: «il risultato degli ultimi cinque anni. Le canzoni erano già scritte nella mia anima. Ho sempre pensato che bisogna vivere per poter scrivere qualcosa. È da lì che nasce l’esigenza di ributtarsi in studio con l’idea di produrre un disco nuovo. Non ho mai vissuto la musica come se fosse un lavoro». Calca il palco con grazia e gioia, con gli occhi quasi lucidi dal sorriso, ed esegue in acustico praticamente tutte le nuove tracce, cona la sua voce così speciale e unica. Dieci tracce ispirate, intrise di realtà quotidiana. Consoli è quasi una cronista melodica, racconta stati d’animo e sentimenti, attualità, quotidianità e violenza.
Si passa dal femminicidio de La signora del quinto piano ai barconi della morte de La notte più lunga. Affronta i tremori dell’adolescenza con delicate sfumature gay in Ottobre e racconta la sua Sicilia, la lacerazione mafiosa e l’abbandono in Esercito silente. 

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E poi ancora le tematiche intime del rapporto uomo donna, l’amore, quello che fiorisce, quello extraconiugale e quello che muore di noia. E la maternità, bellissima, carica di speranza e di gioia. Per la buddista Carmen tutto può essere trasformato, tutti possono riscattarsi, risollevarsi, cambiare direzione. Trovare la luce. Per questo non ha, forse, paura di guardare le cose per quello che sono, nella loro crudezza, tragicità, angoscia. «Non è possibile non vedere il degrado e il disfacimento, il Pil, le tante scarpette rosse che coprono le nostre strade. Ma non è detto che i vinti di oggi non siano i vincitori di domani. Non è detto che l’esercito silente che popola la Sicilia, quei dissidenti ora impotenti, non diventino presto i protagonisti di un cambiamento vero. Ho osservato tante cose in questi anni, ho guardato la televisione, ascoltato i telegiornali. Ho avuto il tempo per soffermarmi. E anche quello lo considero vissuto, ciò che filtra attraverso di te».

In questi anni si è goduta Catania, è andata a fare la spesa, ha conosciuto pescivendoli e contadini, ha pregato, fatto la mamma, ha imparato a suonare il basso, aperto una piccola etichetta la «Narciso», curato e rinnovato le amicizie. Ma non è mai stata lontana dalla musica. Ne ha ascoltata tanta, nei locali catanesi, cercando nuovi talenti da promuovere, anche piccole cose perché «non bisogna fare cose grandi per essere fighi». Ha capito, ancora di più, che vivere è un’ispirazione continua «Cerco, soprattutto, di essere felice. Ed è l’obiettivo principale che ho, anche come mamma. Perché sono certa che se sono serena, appagata, quello che trasmetto è proporzionale. Cerco di fare del mio meglio. Copiando, principalmente, l’esempio dei miei genitori che sono stati fantastici».

Nonostante il punto di vista delle sue canzoni sia sempre quello femminile, ama pazzamente gli uomini «mio figlio è maschio, quindi non posso che adorarli! E anche mio padre era meraviglioso. Era un femminista, convinto che il solo fatto di essere donna mi permettesse di poter fare tutto meglio, anche suonare la chitarra. E adorava mia mamma». Continua a essere una verista, Carmen «mi piace l’etica, non la morale. Credo che con un esercito di maestri e professori, l’Italia, potrebbe cambiare. E invece ogni giorno viene sbranato un pezzo di cultura. Senza la vitamina D, alla fine, ti ammali».