All’indomani del varo «salvo intese tecniche» del dl Agosto, che prolungherà il blocco dei licenziamenti e dunque le casse integrazione, i ministri dell’Economia e del Lavoro, Gualtieri e Catalfo, chiedono alla commissione europea l’attivazione del fondo europeo Sure.

Nella lettera, indirizzata a quattro commissari europei tra cui il vicepresidente Dombroviskis e il commissario all’Economia Gentiloni, l’Italia chiede l’accesso a 28.492 milioni di euro dei 100 milioni complessivi di cui dovrebbe disporre il Fondo. Le tabelle accluse dettagliano le spese sin qui sostenute per fronteggiare la disoccupazione con riferimento ai due dl emergenziali precedenti, non a quello appena varato.

I ministri italiani ricordano nella loro lettera che la nostra economia «è stata gravemente colpita dalle misure di blocco introdotte alla fine di febbraio» con conseguenti «gravi rischi di disoccupazione». Non mancano di segnalare che la «rapida attivazione del Sure» costituirebbe «un esempio positivo di solidarietà tra Stati membri». La risposta positiva della commissione sulla possibilità di accedere al Sure, richiesta avanzata 6 giorni fa anche dalla Spagna, è scontata.

Non è però detto che venga accolto per intero il prestito richiesto. Tra tutti gli strumenti messi in campo dall’Europa, in attesa che si aggiunga quello principale, cioè il Recovery Fund, il Sure è considerato il più debole, sia perché comunque si tratta di un prestito, sia perché richiede per essere attivato di «garanzie irrevocabili, liquide e immediatamente esigibili», sia, soprattutto, perché il programma parta, è necessario che tutti gli stati membri mettano a disposizione della Commissione le garanzie richieste.

Si tratta comunque di un puntello in una situazione di estrema fragilità, alla quale il dl Agosto offre riparo ma solo temporaneo. Il decreto deve essere ora tradotto in pratica, ed è questo il senso della formula adoperata «salvo intese tecniche». La bozza arrivata in sede di Cdm venerdì non era ancora davvero articolata e mancava ancora della bollinatura della ragioneria dello Stato. Insomma l’accordo sulle voci di spesa c’è ma per decidere come quelle voci verranno tradotte in pratica, o meglio in soldi, ci vorranno ancora alcuni giorni. Venerdì il testo è stato riordinato con articoli lievitati dai 91 inizialmente previsti a 109. Il lavoro dei prossimi giorni, tuttavia, non modificherà il senso complessivo del provvedimento.

I sindacati si sono dichiarati ieri soddisfatti ma con prudenza, senza rinviare lo sciopero del 18 settembre e chiedendo un incontro con il governo in vista della definizione del Piano italiano di rilancio. Il blocco dei licenziamenti non potrà durare all’infinito e già stavolta c’è voluta tutta la determinazione della ministra Catalfo ma anche di LeU e dello stesso Pd per evitare i licenziamenti a partire da metà ottobre. L’ombrello però si chiuderà tra pochi mesi ed è dunque imprescindibile partire con quel Piano di rilancio che dovrà aspettare, per essere dispiegato, l’arrivo del Recovery Fund, probabilmente non prima della seconda metà dell’anno prossimo.

Bloccare i licenziamenti fino a quel momento non sarà però possibile. Dunque la sfida che attende il governo, e sulla quale si articolerà una parte del confronto con i sindacati e con le forze sociali nelle prossime settimane, consiste nel riuscire a lanciare almeno alcuni progetti strutturali e strategici, tali da creare occupazione, già con la prossima legge di bilancio. In caso contrario, evitare quella crisi sociale che secondo i sindacati è ancora dietro l’angolo non sarà probabilmente possibile.