«Il bordello è il baluardo dell’ordine sociale fondato sulla famiglia. Il necessario contenitore delle ineliminabili scorie della sessualità maschile. Attraverso di esso, lo Stato garantisce, l’indispensabile equilibrio al vincolo coniugale e alla società tutta». Correva l’anno di grazia 1958 e le parole erano quelle di un deputato, contrario alla proposta di legge che la senatrice socialista Lina Merlin spingeva affinché venisse approvata: una legge che sanciva la chiusura delle case chiuse.

Il 20 febbraio dello stesso anno, la legge viene approvata – fra mille difficoltà, mille distinguo. Altri tempi – la miniserie in due puntate che Rai Uno manda in onda il 13 e 14 ottobre in prima serata – è nata proprio pensando a quel dibattito che infiammò l’Italia, ma soprattutto spiega il regista Marco Turco (nel 2009 autore di C’era una volta la città dei matti su Basaglia, premiato al Tv Gala di Montecarlo): «dalle lettere che le ragazze dei bordelli indirizzavano alla Merlin e che raccontavano di una realtà terribile fatta di soprusi, violenze, di cattive condizioni di salute ed igiene e in particolare di mancanza di libertà».

E nella fiction, con una bella ricostruzione d’epoca di una Torino fascista e post bellica, storie e tormenti vengono svelati senza artifizi. Non c’è happy end consolatorio; nella prima scena la protagonista Maddalena (Vittoria Puccini) viene trovata senza vita ai piedi di una scala in quello che era l’ex casa chiusa. A ucciderla, lo scopriamo subito, è un avvocato – ora politico influente – che l’aveva violentata e messa incinta quando aveva appena 16 anni. Da lì parte la storia a ritroso nel tempo di Maddalena, fatto di ciniche usuraie disposte a tutto, postriboli infami dove la sifilide (di cui si ammala e guarisce la protagonista) regnava. Un calvario di lacrime e sangue che il regista – fatto salvo qualche deriva melò, tiene senza troppi cedimenti.
«Altri tempi – sottolinea Turco – non è un film sulla prostituzione, ma sul potere esercitato dall’uomo sulla donna non solo all’interno del bordello, ma in casa, sul lavoro, ad ogni livello sociale e culturale».

Una prigione, magari di lusso come quella che si costruisce Maddalena diventata nel frattempo Ninfa, sofisticata meretrice a cui il protettore regala il Raffaello, il lupanare più «in» di Torino, le cui certezze vanno in frantumi dopo l’incontro con Lina Merlin, il suicidio di una giovane ragazza e il ritorno dal passato della figlia abbandonata per necessità, che indagherà sulla sua morte. «Ho avuto un momento di forte crisi – spiega Vittoria Puccini – mentre giravamo una scena, avevo le ragazze intorno, dicevo delle cose… All’improvviso mi sono vista come mi avrebbe guardato qualcun altro dall’esterno e ho provato orrore».

Nel ruolo di Lina Merlin, Benedetta Buccellato: «Studiando la parte mi sono accorta che ci sono molti luoghi comuni su di lei. Non era zitella e non era affatto bigotta. Non a caso quando fu eletta all’Assemblea Costituente fece aggiungere, nell’articolo in cui si dice che i cittadini sono uguali davanti alla legge, le parole ’senza distinzioni di legge’».

La legge Merlin spesso messa in discussione – a Montecchio il sindaco leghista Milena Cecchetto ha sostenuto di recente la proposta di refererendum di revisione del testo, chiosa Marco Turco: «Era rivoluzionaria, perché attraverso l’abolizione della prostituzione di Stato, vengono finalmente ridefiniti i limiti e le possiblità del desiderio maschile».