Alla prima direzione del suo mandato da segretario Pd Nicola Zingaretti deve già fare un appello allo spirito unitario del partito. Spirito che in effetti già scricchiola grazie agli acidi commenti dei renziani per il secondo posto guadagnato alle regionali della Basilicata. «Stiamo vivendo un momento delicatissimo della storia della Repubblica», attacca, «questo ci deve richiamare tutti in uno sforzo di serietà», bisogna cominciare «a prendere le misure per le prossime settimane e scatenare una reazione collegiale per fermare la deriva di questo paese». Il Pd deve essere pronto «a un possibile sfarinamento del M5s. C’è una destra che sta portando verso il disastro e per opporsi il Pd deve muoversi in più direzioni».

DALLA RETE ALLA RIUNIONE della direzione i renziani abbassano i toni. Interviene Anna Ascani, candidata in ticket con Roberto Giachetti. Ma professa disciplina: «Riconosco che le sconfitte abbiano tanti madri e tanti padri e non darò mai la colpa al segretario», promette e «a proposito del fuoco amico: quando si prende una decisione vincolante e non sarò d’accordo, andrò in difficoltà, ma la difenderò». Dovrà farlo subito perché subito viene presa la prima decisione che la minoranza non apprezza.

ZINGARETTI VA al punto: farsi dare un mandato per la nuova coalizione. «Il primo cantiere da aprire è la costruzione di una rete di alleanze intorno a noi, un campo ancora fragile ma che è già iniziato grazie allo sforzo dei territori in cui si sta votando. Vale sia per le amministrative che per le europee».

SENZA STRAPPI, un passo alla volta, Zingaretti porta il partito a digerire la fine della vocazione maggioritaria e dell’isolamento in cui il renzismo ha cacciato il Pd. Con lo scudo della formalizzazione dell’accordo con Carlo Calenda (il simbolo per le europee sarà quello del Pd affiancato a «Siamo europei» e a quello dei Socialisti&democratici) il segretario fa mandare giù anche il boccone più indigesto per le minoranze: l’accordo con gli ex. Art.1 dunque è dentro le liste. Ma nessuno torna nel Pd. Anzi Roberto Speranza annuncia per i primi di aprile il congresso della sua organizzazione «autonoma». Ma Zingaretti spiega che dopo il no di +Europa e di Italia in comune «non possiamo perdere nemmeno un voto». Dopo la direzione, nel pomeriggio, incontra Riccardo Nencini. Anche lui, come il Pd e come Art.1, è della famiglia dei socialisti europei. E come per Art.1 anche per il Psi ci sarà posto in lista. Dalla tv Bersani benedice «la lista unitaria dei socialisti europei» e assicura che i big della Ditta non saranno in prima fila.

PRIMA DELLA DIREZIONE Zingaretti aveva incontrato Massimo Zedda, già sindaco di Cagliari e ora capogruppo dell’opposizione alla regione Sardegna. Zedda arriva accompagnato dall’ex senatore Luciano Uras e da Massimiliano Smeriglio: tutti e tre dell’area intorno a Giuliano Pisapia, che sarà capolista nel Nord Ovest. Zedda non sarà candidato ma il colloquio è ad ampio spettro: l’alleanza per Cagliari e la rete della sinistra civica nazionale.

ALLA FINE, SULLA RELAZIONE del segretario, i 17 della mozione Giachetti si astengono. Vota sì la mozione Martina. E così Luca Lotti e Lorenzo Guerini sanciscono la loro presa di distanze da Renzi. Ma il sì di ieri non significa affatto che gli ex renziani «collaborativi» si siano consegnati al nuovo segretario. Dal podio Gian Pietro Dal Moro avanza qualche obiezione sulle mancate «aperture al centro». Ma non insiste. «Il campo che vogliamo costruire non può guardare solo a sinistra», sottolinea Lorenzo Guerini a fine riunione «altrimenti decidiamo di regalare gli elettori moderati a Salvini. C’è uno spazio, lì, che dobbiamo presidiare. Sia come Pd sia favorendo nel campo largo una presenza che si ponga su quella frontiera». Monito per le politiche, ma anche per le liste alle europee.

IL SEGRETARIO DOVRÀ FARE una faticaccia per non scontentare nessuno: «Ho una lista di circa 700-800 candidati capilista. Voi capirete…», scherza. «C’è una grande disponibilità e un interesse che ha suscitato questa nostra iniziativa», dice, ma «questa disponibilità ora va organizzata, servirà spirito di servizio per permettere a tutti di stare sotto questa capanna». Il 5,6 e 7 aprile «giornate di mobilitazione» e, prima del 26 maggio, assemblea dei candidati sindaci dei 4 mila comuni in cui si va al voto nello stesso giorno delle europee.