Volevano consegnare 200 mozioni dei collegi dei docenti contrari alla «Buona scuola» di Renzi e Giannini, ma per loro ieri non c’era posto nella kermesse organizzata al ministero dell’Istruzione in viale Trastevere a Roma. Una delegazione del Coordinamento delle scuole di Roma-lavoratori autoconvocati e del comitato per la riproposizione della Legge di Iniziativa Popolare (Lip) «per una Buona Scuola per la Repubblica» si è presentata sulle scale del ministero con un pacco di mozioni critiche nei confronti del documento del Governo, ma non le hanno potute consegnare.

«I nostri tentativi di consegnarle le si sono scontrati già per due volte con le forze dell’ordine in tenuta antisommossa che ci hanno impedito di essere ricevuti come richiesto civilmente» denuncia l’associazione nazionale «per la scuola della Repubblica». Insieme ai comitati ieri c’erano anche i precari dell’Invalsi, l’istituto al quale il governo assegna il destino della «valutazione» della scuola italiana. «Ad oggi – hanno detto – è totalmente privo delle risorse economiche necessarie per svolgere questo importante compito. I 60 dipendenti a tempo determinato termineranno il loro contratto di lavoro il 31 dicembre e non ci sono soldi per rinnovare i contratti. I 30 a tempo indeterminato non potranno in alcun modo ottemperare ai compiti previsti, compresa la prova Invalsi all’esame di Stato».

Il comitato che sostiene la legge popolare per la scuola spiegala natura della consultazione del governo: «Il risultato del Miur è irrisorio considerando che ci sono 728 mila docenti, 101 di sostegno, 2 milioni e mezzo di studenti nella secondaria di secondo grado». Poi un’osservazione sulle modalità del sondaggio: «Il Cineca che si è occupato del sondaggio online ha individuato un dispositivo che permette l’accesso senza controllo alla piattaforma con qualsiasi casella di posta elettronica. Ciò ha permesso più accessi anche dallo stesso computer. Un modo per inficiare il numero degli accessi rivendicati dal governo». Il sondaggio «presentava un questionario evidentemente improntato alla rilevazione “guidata” non sull’impianto del documento, ma sul livello di gradimento di alcuni aspetti che esso introduce, senza discuterne minimamente dell’introduzione in sé».

Alla «Buona scuola» c’è un’alternativa. È stata rilanciata nelle mozioni ed è la legge popolare riproposta a ottobre in parlamento. La «Lip» prevede, tra l’altro: risorse adeguate con un investimento pari almeno al 6 % del Pil; l’obbligatorietà dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia e l’estensione dell’obbligo a 18 anni; classi di 22 alunni; il ripristino e l’estensione del modulo e del tempo pieno nella scuola elementare e prolungato nella media; una scuola superiore che rimanda la scelta delle proprie attitudini a 16 anni con un biennio unitario e un triennio di specializzazione; il rafforzamento e l’estensione degli organi collegiali.