Dove sono i ragazzi? Non eravamo d’accordo che ci dovevano essere i ragazzi?». Graziano Delrio arriva in ritardo nella sede del Pd di San Lorenzo, ex cuore rosso di Roma oggi noto per il fattaccio di Desirée, e non riesce a trattenere un’espressione infastidita. Dall’altra parte della sala, al di là del muro di telecamere e cronisti, Maurizio Martina sta presentando, onemanshow, la sua annunciatissima candidatura alle primarie del Pd. Il segretario uscente ha scelto la suggestiva ex sezione del Pci sanlorenzino: si fa fotografare sotto un enorme murales attribuito a Ennio Calabria, accanto al busto di Gramsci. Lungo le pareti libri tipo «La riforma della scuola nell’Unione sovietica», «Gramsci Scritti Politici», «Storia della sinistra comunista 1919-1929», «Togliatti e il Mezzogiorno». Il Migliore è anche incorniciato in una foto mentre bacia la mano a una bambina, «è l’inaugurazione di questa sede, io ci sono arrivata nel ’69 e non sono tra i compagni storici», spiega la signora Franca che, come altri, è venuta a sentire.

Ma più che i militanti si segnalano papaveri dem: Debora Serracchiani, Andrea De Maria, Umberto Del Basso De Caro, gli ex renzianissimi Tommaso Nannicini, Carla Cantone, l’ex responsabile comunicazione dei tempi Francesco Nicodemo. Le giovani turche Giuditta Pini e Chiara Gribaudo, Matteo Orfini manterrà l’understatement per via del suo ruolo da reggente.

Ma Delrio voleva che ci fossero ragazzi e ragazze «vere». Per lanciare subito l’operazione che ha in testa. La candidatura di Martina è un assist a Minniti perché porta via voti a Zingaretti? «Nessun assist», risponde, «Stimo molto Minniti e Zingaretti, ma mi interessa di più il progetto di questi giovani». «Questi» cioè Martina e Richetti. A cui infatti l’ex segretario lancia un amo: «Nell’esperienza che Richetti ha fatto con i ragazzi c’è un tratto in comune con quello che faccio». E così dice «l’io ci ha fatto male», l’allusionOKe è a Renzi, e ripete «noi ci candidiamo». Noi chi, seguiranno dettagli.

Zingaretti non lo dice direttamente ma sente puzza di bruciato. I suoi sostenitori sono espliciti. Monica Cirinnà: «Sento nascere insolite ipotesi di convergenza che sanno tanto di tattica politica. Il Pd non ha bisogno di accordicchi, ma di una rinnovata e forte proposta politica di centro-sinistra che parli di lavoro, eguaglianza e diritti». Il consigliere comunale Giovanni Zannola, più esplicito: «Il sospetto è che tre degli attuali candidati, Minniti, Richetti e Martina, che provengono dalla stessa area politica, stiano preparando il terreno a futuri accordi che impediscano il rinnovamento rappresentato da Zingaretti e dal suo progetto di rigenerazione e discontinuità».

Martina sa che sulla sua corsa il sospetto pesa come un macigno. Alla sezione San Lorenzo tenta di allontanarlo da sé: «Spero che il congresso vada oltre le correnti, oltre i capetti, i capibastone, oltre l’idea di un congresso tattico» e ancora «Spero si eviti la tattica dei veti e dei controveti. Al Pd servono le correnti delle idee». Tattica, tattico, tattica: la parola viene citata troppe volte. Lui farà la parte del «riformista radicale», e tuttavia non in discontinuità con il riformismo renzista (era ministro del suo governo, del resto, e vicesegretario del partito). Tira l’applauso per Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya, si schiera con i volontari, chiede l’abolizione della Bossi-Fini. Spiega che «la questione di genere non va lasciata solo alle donne». Poi fra le parole chiave, in mezzo a ecologia Europa cittadinanza, spunta «emancipazione», termine vintage nel migliore dei casi, se non spia di una riflessione sulla «questione» ferma a quarant’anni fa.

Un sondaggio della Emg Acqua per Agorà (Raitre), lo dà terzo al 15 per cento fra gli interessati alle primarie. Dietro Zingaretti al 38 e Minniti al 28, e davanti Richetti all’8 (Damiano al 5, Boccia al 4, Corallo al 2). «Chiedo di tornare alla passione, basta ragionamenti ipertattici, asfittici e politicisti», dice. Eppure la somma della percentuale sua, quella dell’ex ministro dell’interno e quella di Richetti farebbe, guardacaso, 51. Questione di matematica, non di tattica.