Fuoco contro i profughi siriani che tentano di attraversare il confine con la Turchia. Cariche della polizia contro il Gay Pride di Istanbul. E nuovi arresti di giornalisti, tra cui anche il presidente dei Reporter sans frontieres Erol Onderoglu, e del presidente della Fondazione turca per i diritti umani Sebnem Korur Fincanci. Senza parlare di una legge che in nome della lotta al terrorismo colpisce gli oppositori del presidente Erdogan. Eppure l’Europa – e l’Italia – tenta di far passare la Turchia come un paese democratico, con gli stessi nostri valori.

La riprova è arrivata ieri al termine dell’incontro tra il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e il ministro turco per gli Affari europei Omer Celik, incontro utile soprattutto a confermare l’impegno di Ankara nel fermare il flusso di migranti verso l’Europa. «L’intesa siglata a marzo funziona bene, adesso bisogna lavorare per la sua piena attuazione» ha confermato con soddisfazione Gentiloni. Tradotte, le parole del ministro significano accelerare il processo di adesione di Ankara all’Ue e prima ancora quello per la liberalizzazione dei visti, fortemente sollecitato da Ankara. «Siamo un paese democratico», ha ribadito da parte sua Celik, che non a caso ha voluto ricordare come un buon rapporto con la Turchia sia utile anche a Bruxelles.

L’ottimismo dei due ministri è almeno in parte ingiustificato. Da mesi la questione dei visti divide l’Unione, con da una parte Consiglio e Commissione Ue più disponibili a fare concessioni ad Ankara terrorizzati dall’idea di vedere i profughi siriani ricominciare ad arrivare in Grecia e dall’altra il parlamento europeo – e in particolare il suo presidente Martin Schulz – sempre più critico nei confronti di Ankara per le continue violazioni di diritti fondamentali, cosa che dovrebbe aumentare i dubbi sull’eventuale adesione della Turchia all’Unione europea ma che tutti (o quasi) preferiscono non vedere. Un segnale di come stiano le cose sono le dimissioni, avvenute una settimana fa, del capo delegazione Ue in Turchia, Hansjorg Haber. Dietro la decisione ci sarebbero le dichiarazioni rese dal diplomatico tedesco a un quotidiano a proposito della liberalizzazione dei visti e della contrarietà del presidente Erdogan a cambiare – come da tempo gli chiede l’Ue – la legge antiterrorismo. «Noi abbiamo un proverbio: iniziare come un turco e finire come un tedesco, ma qui è avvenuto il contrario», ha detto Haber.

Insieme ai risultati del referendum britannico, la liberalizzazione dei visti sarà una delle questioni al centro di un Consiglio europeo che si terrà martedì prossimo a Bruxelles ed è possibile che qualche nodo arrivi finalmente al pettine. Oppure no perché, come ha spiegato Gentiloni, l’intesa sui migranti funziona bene. Sarebbe quindi un peccato rovinarla solo per difendere la democrazia.