«Come se tutti i libri dialogassero tra loro. Come se raccontassero un’unica grande avventura che attraversa secoli e continenti». Come ricostruire l’immenso universo storico-letterario creato nel corso degli anni da Valerio Evangelisti? Come ordinare vicende che si intrecciano dal medioevo fino al XXXII secolo? Vicende che percorrono i territori, letterari, del «new weird», del fantasy, della fantascienza, del giallo, e quelli storici inquadranti la formazione del capitalismo moderno, la sua espansione, il suo trionfo e, infine, il suo farsi «natura», unica realtà disponibile, sistema di valori privo di qualsivoglia alternativa. Lo fa nel suo bel libro Alberto Sebastiani, (Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya, pp. 256, euro 18) fornendo al lettore non solo un quadro esaustivo delle tematiche di Evangelisti, ma anche un’intelligente analisi narratologico-linguistica e un convincente quadro delle fonti storico-letterarie.
Posto al centro dell’analisi l’eterno conflitto fra ordine e disordine, fra controllo e ribellione, il volume si snoda seguendo ciò che Evangelisti interpreta come lotta costante fra le tendenze repressive poste in atto dalle classi dominanti (e di cui l’inquisitore Eymerich è il simbolo supremo) e la resistenza sotterranea che lega in un fascio movimenti eretici, femminili, popoli colonizzati, sindacati anarchici e comunisti.

GIUSTAMENTE Sebastiani evita di antropologizzare i principi in lotta, chiarendo come Evangelisti (in un approccio che chiamerei sicuramente storicista) abbia messo in luce il costante trasformarsi storico dei materiali in gioco: delle istanze repressive e di quelle resistenziali. Dal dominio del feudalesimo a quello del capitalismo industriale, e poi a quello del capitalismo della comunicazione che punta anzitutto a colonizzare l’immaginario, a cambiare è nei romanzi il sistema delle relazioni socio-ideologiche. La violenza dei gruppi eretici (nel «ciclo di Eymerich»), per esempio, non ha nulla a che fare con quella dei pirati del XVII secolo («ciclo dei pirati»), perché la seconda non è più fondata su un proposito di resistenza comunitaria al potere costituito, ma è invece specchio della violenza liberista e individualizzata, che avanza all’unisono con gli ideali di ricchezza del capitalismo trionfante e con la conseguente disconnessione di ogni vincolo comunitario.

IL PRINCIPIO però effettivamente ricorrente in chi gestisce il potere nei romanzi di Evangelisti è la volontà di creare un quadro totalizzante di valori che impedisca ai dominati anche solo di immaginare un’alternativa possibile.
Ed è qui che interviene il valore più schiettamente politico dell’opera. La letteratura, e in particolare la letteratura popolare e interessata a socializzarsi, deve essere utilizzata come arma nella storia dei conflitti in corso, «per l’immaginario, per decolonizzarlo, per liberarlo», per immaginare un futuro diverso.
Ma come fare ciò? La risposta, per Evangelisti e per Sebastiani, risiede appunto nell’enorme mole dei dati storici messi in gioco. Se le classi dominanti hanno anzitutto lo scopo di far interpretare, ai dominati, il sistema di volta in volta corrente delle relazioni sociali come qualcosa di «naturale», di eterno, di immodificabile, la letteratura ha invece il compito di rivelarne la natura storica e transeunte, di far emergere le voci differenti e dissidenti di ogni fase storica.
Si tratta di ricordare costantemente che ciò che chiamiamo la realtà del mondo è solo la forma socio-ideologica di precise relazioni sociali fra governanti e subalterni.

IL VERO SCONTRO in atto è così quello fra due diverse immagini della totalità delle relazioni sociali lungo il corso della storia. Chi domina ha sempre il fine di presentare la realtà vissuta come totalizzante, senza vie di fuga, eterna. Chi è dominato ha il dovere di contrapporre a questa immagine la totalità dialettica delle vicende storiche: la coscienza del suo essere in divenire ci libera dall’incantesimo di ciò che Mark Fisher ha definito «realismo capitalista», suggerisce costantemente la possibilità di modificare le cose, invita a lottare per il cambiamento.