Il Sei Nazioni ha preso il via sabato nel migliore dei modi, regalando ai suoi appassionati due partite degne di rimanere nella memoria. A Cardiff i gallesi hanno duramente punito le ambizioni della Scozia con un punteggio che non ammette obiezioni: 34-7. Allo Stade de France di Parigi la sfida tra Francia e Irlanda si è risolta all’82’ minuto con un drop di Johnny Sexton che ha fissato il risultato sul 15-13. In entrambi i casi alla tecnica e alla forza atletica si sono aggiunte due qualità imprescindibili nel rugby di altissimo livello: una eccellente visione strategica a favore del Galles, una ammirevole solidità mentale per l’Irlanda. E se il talento degli scozzesi è stato guastato dalla loro sciatteria e da una certa fragilità psicologica, il XV de France ha ben poco da rimproverarsi avendo lottato alla pari e fatto tutto ciò che era possibile per venire a capo di una partita furente e giocata su impensabili livelli di agonismo.

La lezione gallese

Gli scozzesi erano giunti nel Principato pensando di raccogliere l’intera posta. Erano reduci da un’annata strepitosa che li aveva issati al quinto posto nella classifica mondiale. Bel gioco, trequarti arrembanti, un piacere degli occhi. Le incursioni in campo aperto di Stuart Hogg e Huw Jones e la raffinata regia di Finn Russell sembravano un marchio di fabbrica ormai brevettato, sinonimo di qualità. Nei primi sei minuti di gioco questo sembrava effettivamente il copione del match. Ma la Scozia non aveva fatto i conti con la sapienza tattica di quella volpe di Warren Gatland, allenatore vincente come pochi ce ne sono, da undici anni sulla panchina dei dragoni (3 vittorie nel Sei Nazioni) e dal 2103 guida del British and Irish Lions (un tour vinto in Australia e una serie pareggiata in Nuova Zelanda: nessun ha fatto meglio di lui). Privo di giocatori importanti come George North, Dan Biggar e Liam Williams, Gatland ha scelto di affidarsi al blocco di Llanelli e ha costruito una strategia volta ad annullare i punti di forza avversari, costringendo gli scozzesi a forzare oltre i limiti consentiti il loro gioco alla mano. Gioco semplice ma accurato, dominio del pack e difesa soffocante. La trappola è scattata dopo appena sei minuti, quando Gareth Davies ha intercettato un passaggio ed è volato in meta coast to coast. Leigh Halfpenny trasformava e il Galles era avanti 7-0. Gli scozzesi non assorbivano la botta: frastornati, si abbandonavano alle corde e sei minuti dopo subivano un’altra meta da Halfpenny. 14-0 e notte fonda per la nazionale del cardo, incapace di riprendersi e di trovare contromisure efficaci, sempre più imprecisa nei passaggi e mentalmente inconsistente. Il secondo tempo è stato un calvario: altre due mete (Halfpenny e Evans) e due penalties portavano il Galles sul 34-0 e solo a un minuto dal termine la Scozia trovava la meta di consolazione con Horne. Una punizione severa che ridimensiona le ambizioni della squadra di Greg Townsend e rilancia un Galles che dimostra solidità, sapienza e rigore tattico nonostante le molte assenze.

L’Irlanda all’ultimo minuto

L’Irlanda non è mai stata così in alto nella classifica di World Rugby. Nell’ultimo anno e mezzo ha battuto tutte le grandi, compresi gli All Blacks. E’ salita al terzo posto nel ranking e lì vuole rimanere. Nell’ultima giornata del torneo affronterà l’Inghilterra a Twickenham. L’intenzione è di giungervi a punteggio pieno e giocarsi il Grande Slam. A Parigi vestiva i panni della favorita: per la Francia, ora affidata alle cure di Jacques Brunel, è uno dei momenti più bui della sua storia rugbistica. Non vince più e i suoi club segnano il passo in Europa. Polemiche e scandali stanno avvelenando il clima della federazione: è di qualche giorno fa la perquisizione negli uffici e nell’abitazione di Bernard Laporte, presidente federale, uomo politico e affarista oltre che ex allenatore della nazionale. Tante, troppe nubi si sono addensate sul rugby transalpino, e nessuno ha scommesso un centesimo sulle chances della sua nazionale in questa edizione del torneo.

Francia-Irlanda sembrava dunque una sfida segnata. Non è stato così. Per settanta minuti i coqs sono rimasti attaccati ai loro avversari, più forti ma mai realmente dominanti. Difesa strenua, concentrazione, tenuta mentale degna di un drappello a difesa dell’ultimo caposaldo da tenere a ogni costo. Un diciannovenne dalla faccia da adolescente, Matthieu Jalibert, schierato in regia – la sua partita è durata mezz’ora prima di uscire per infortunio. Goudron, Lamerat, Vahamaahina e Camara a placcare come ossessi. E qualche fallo di troppo che Sexton puniva regolarmente dalla piazzola.

Punteggio in bilico: 9-3 per i verdi al riposo, 12-6 al 72’ , quando Teddy Thomas trovava un angolo di corsa che tagliava tutta la difesa irlandese, un piccolo capolavoro tecnico. 12-11 e trasformazione di Belleau che portava i francesi avanti di un punto. Un sorpasso che poteva risultare letale e che gli irlandesi sembravano accusare. Un penalty per la Francia arrivava al 76’ ma Belleau questa volta falliva il calcio che avrebbe portato i blu alla distanza di più 4.

All’Irlanda non restava che raccogliere le ultime forze e cercare di risalire il campo alla ricerca non di una meta ma di un calcio di punizione per il controsorpasso. Per cinque minuti, con una determinazione granitica e una disciplina mentale pazzesca, i verdi hanno guadagnato metro su metro, azione dopo azione, con una sequenza di oltre 40 fasi di attacco, mentre i francesi alzavano un muro difensivo nel quale non era ammesso concedere falli. All’’82, con tutto lo stadio che sosteneva i francesi, la palla arrivava a Johnny Sexton, appostato come un assassino silenzioso a una trentina di metri abbondanti dai pali. Il suo calcio di drop ammutoliva tutti: la palla centrava lo specchio e sorvolava la barra di un metro scarso. Lo Stade de France ammutoliva, Owen fischiava la fine, sul grande schermo le telecamere inquadravano le lacrime di capitan Guirado. Un copione magistrale e un finale perfetto per una grande partita.

L’Inghilterra domina

L’ultimo match della giornata vedeva gli azzurri affrontare gli inglesi all’Olimpico. Una sfida contro i campioni in carica, secondi soltanto agli All Blacks nel ranking mondiale. Il risultato non era in discussione. Conor O’Shea ha scelto una formazione giovane e con poca esperienza internazionale, affidandone la leadership a tre veterani: il capitano Parisse, Alessandro Zanni (centesima presenza ieri per lui) e Leonardo Ghiraldini. Si temeva il peggio.

L’Inghilterra ha vinto 46 a 15, ha messo a segno sette mete contro le due azzurre, in molti momenti ha dato l’impressione di giocare con il freno a mano tirato (il torneo è lungo, gli infortuni in agguato), ma l’Italia ha fatto vedere qualcosa di buono, restando in partita per quasi settanta minuti prima di finire la benzina e subire tre mete nel finale di gara. Le due mete azzurre – Tommaso Benvenuti al 20’, Matteo Bellini al 57’ – sono scaturite da pregevoli azioni al largo che hanno preso di sorpresa la difesa dei bianchi. L’Inghilterra è andata a segno alla prima occasione con Anthony Watson (3’), ala dal fisico scultoreo e le movenze perfette che è andato nuovamente a segno all’11’ bruciando in velocità la retroguardia italiana. Con due mete di vantaggio al XV della rosa non è rimasto che amministrare il suo gioco, ma ogni volta che ha scelto di accelerare per gli azzurri sono stati dolori. A ritmi blandi la nostra nazionale è in grado di reggere il confronto con le grandi ma quando velocità e intensità crescono di tono la difesa non riesce più a fare argine. Ciò nondimeno la squadra è riuscita a chiudere il tempo contenendo il passivo (17-10) grazie alla meta di Benvenuti e i piazzati di Allan cui replicava Owen Farrell (26’). Tra le maglie azzurre si mettevano in evidenza Matteo Minozzi, estremo leggero (1,75 per 77 chili) oltre a Boni, Castello e Bellini: per una volta i nostri trequarti sembravano in grado di conquistare spazi ed entrare in profondità nella difesa avversaria.

Il secondo tempo si apriva con un piazzato di Farrell (47’), poi era il terza cento Sam Simmonds a segnare la quarta meta bucando la difesa azzurra e al 52’ l’Inghilterra era avanti 27 a 10. Una touche a ridosso dell’area di meta veniva ben gestita dagli azzurri e arrivava la meta di Bellini (27-15). Era l’ultimo lampo dell’Italia prima del cedimento strutturale. George Ford (68’), ancora Simmonds (75’) e infine Jack Nowell (77’) chiudevano il tabellino e suggellavano il risultato sul 46 a 15 conquistando anche il punto di bonus.

La classifica del Sei Nazioni dopo la prima giornata: Inghilterra e Galles 6; Irlanda 4; Francia 1; Scozia e Italia 0.

Sabato prossimo l’Italia è a Dublino contro l’Irlanda, l’Inghilterra ospita il Galles, domenica la sfida di Edimburgo tra Scozia e Francia.