Infinito: decisamente un bello scherzo nel titolo, per un gruppo di veterani che annuncia senza troppo clamore che invece questo sarà il titolo d’addio. E bella anche la copertina, con una nave rompighiaccio che traccia il segno, appunto, dell’infinito, e sarebbe stata perfetta anche per un gruppo prog. Certo, Ian Gillan deve leggere i testi con gli occhialini, Ian Paice se l’è vista brutta, prima di tornare ad essere un pistone umano dietro pelli e piatti, Jon Lord se n’è andato nel cielo dei tastieristi di classe, lasciando in eredità diretta il suo suono a Don Airey, Steve Morse non è Blackmore, né vuole esserlo.
Ma questo «addio, e grazie di tutto», prodotto da Bob Ezrin, quello dei Pink Floyd, con sottile ironia molto british non è un mesto allontanarsi, ma lasciare in eredità uno dei dischi più potenti e inventivi del «profondo porpora». Con una citazione finale per i Doors con Roadhouse blues che ci dice che tutto torna, nella storia giurassica e così spessa, ormai, del rock.