La parabola umana di Tullo Morgagni, giovanissimo forlivese di fede repubblicana che inventò il Giro d’Italia nel 1909, rappresenta, nel suo essere tanto veloce e folgorante quanto breve e drammatica, un ritratto dell’Italia di inizio Novecento che unisce politica, costume, guerra e sport popolare in un sovrapporsi incalzante di spinte modernizzatrici, conflitti sociali e trasformazioni della società di cui Morgagni fu testimone e protagonista diretto.

A DISEGNARE questo ritratto dell’alba del secolo che presto diventerà «breve» è Domenico Guzzo, direttore dell’Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì-Cesena e coordinatore del Laboratorio di Documentazione storico-sociale dell’Università di Bologna, che proprio attraverso la rivisitazione della biografia del giornalista romagnolo, Tullo Morgagni il giornalista volante che inventò il Giro d’Italia (Leg Edizioni, collana La clessidra di Clio, pp. 248, euro 20) restituisce con grande efficacia immagini, scenari interpretativi, trasformazioni culturali e civili dell’Italia liberale alla vigilia della Grande Guerra.

Trasferitosi a Milano nel 1899 Tullo Morgagni, appena diciottenne, si unì alla sezione del Partito repubblicano in sintonia con le proprie radici d’origine (la Forlì di Aurelio Saffi e Giuseppe Gaudenzi) e divenne segretario della sezione milanese e redattore del quotidiano di partito L’Italia del Popolo. Nel capoluogo lombardo, vero motore dell’accelerazione tecnologica ed industriale del Paese, la vita di Morgagni si interseca con quelle che diverranno le sue passioni: il ciclismo ed il volo aereo. Entrambe troveranno proprio a Milano, con la «Mostra aeronautica» del 1904 e con l’«Esposizione internazionale» del 1906, forme di rappresentazione globali dell’incontro con la modernità.

Tuttavia quello stesso contesto si caratterizza per l’emergere di movimenti di massa popolari e lotte sociali che proprio nel 1904 verranno repressi nel sangue con gli «eccidi proletari» di Cerignola, Bugerru e Castelluzzo determinando la proclamazione dello sciopero generale in tutto il Paese nonché la frattura politica tra il partito repubblicano e quello socialista che porterà L’Italia del Popolo alla chiusura e Morgagni alla ricerca di una nuova occupazione: «Ah, se i repubblicani d’Italia dovessero vedere la nostra redazione – scrive in quei giorni in una lettera alla madre – essi si batterebbero il petto, trovando ognuno qualcosa da rimproverarsi».

La fascinazione per la modernità rappresentata dal volo porterà Morgagni all’incontro decisivo con Eugenio Camillo Costamagna sull’aerostato Centauro, avviando così la collaborazione con La Gazzetta dello Sport (segnata dall’arresto e dal processo davanti al tribunale militare di Elio Rivera fondatore del giornale accusato di attività sovversiva e simpatie socialiste) e successivamente la guida de Lo Sport Illustrato che finirà per trasformarsi in una testata quasi interamente centrata sugli avvenimenti bellici del 1915-1918 nel corso della Grande Guerra.

IN QUESTO QUADRO Morgani diverrà l’ideatore e l’organizzatore di grandi eventi sportivo-popolari come la corsa Milano-Sanremo e il Giro d’Italia.

Una vicenda storico-biografica, quella abilmente ricostruita da Guzzo attraverso materiali di ricerca inediti ed una agile resa di lettura, che tocca alcuni dei nodi della nostra modernità: dal rapporto tra società contemporanea ed accelerazione tecnologica alla diffusione dello sport come fattore aggregativo popolare; dalla «politicizzazione dell’agone sportivo» alla relazione tra quest’ultimo e le forme della propaganda di guerra, e non solo, utilizzati all’epoca dagli Stati-Nazione.

Al termine del conflitto, sulle pagine del giornale Il Cielo, Morgagni propugnerà una campagna di riconversione civile dell’industria aviatoria guardando, lui che era stato convinto interventista, ad una «pacifica influenza intellettuale» dell’Italia attraverso il primato dell’aviazione.

LA «VOLATA» di Morgagni si conclude simbolicamente con la tragedia del «disastro di Verona» del 2 agosto 1919 quando un volo civile precipitò causando la più grave catastrofe aerea dell’epoca con la morte di tutti i 17 passeggeri. Il 23 marzo precedente nella Milano che lo aveva accolto erano stati fondati i fasci di combattimento. L’Italia si avviava verso un altro tragico volo che sarebbe precipitato nella distruzione di tutto il Paese.