In Israele, il ritmo incalzante delle giornate di commemorazione era iniziato la settimana scorsa con la giornata dedicata all’Olocausto, terribile, lo sterminio nazista di oltre un terzo degli ebrei. Con il ricordo e l’analisi dell’enorme tragedia vissuta da questo popolo.

Con le testimonianze dei sopravvissuti, le marce ad Auschwitz e altrove in Europa che soffiano sui sentimenti e di anno in anno lasciano sempre meno spazio al pensiero. Anche la gerarchia militare e politica israeliana è arrivata ad Auschwitz e non pochi hanno contribuito a una visione mitica nella quale c’è poco spazio per la riflessione.

A pochi giorni della festa dell’Indipendenza di ieri che viene sempre preceduta da un giorno intero di commemorazione e di lutto per i caduti, dalla guerra del 1948 in poi.

Via via, si è poi aggiunto l’omaggio alle vittime dei caduti in attacchi terroristici.

L’irreggimentazione è totale e cerca di convincere che c’è un collegamento preciso fra ieri e oggi; così la politica della paura si traduce nell’elemento guida di tutta la politica israeliana. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, fedele al suo deciso intento di liquidare anche gli ultimi rimasugli della presunta «democrazia» israeliana – la quale ogni giorno che passa si rivela sempre più chiaramente un’etnocrazia – annuncia che i caduti non saranno dimenticati e che siamo pronti a una lotta senza sensi di colpa, senza debolezze, piena di determinazione, contro tutte le forze islamiste ed estremiste che minacciano la nostra esistenza. Ne tengano conto soprattutto l’Iran e i suoi alleati che vogliono sterminarci…

A «rovinare la festa» molti commenti, articoli e notizie: il pericolo di un attacco da parte dell’Iran, la risposta all’attacco della base T4 in Siria, i missili di Hezbollah, i palestinesi di Gaza che promettono di continuare a manifestare anche oggi in prossimità delle forze israeliane.

Chi attaccherà? Dove? Come? Sì, possiamo, potremo, però… che paura!

Un timore crescente, alimentato da un governo fanatico che proprio il timore rafforza. Gli africani di Eritrea e Sudan che chiedono asilo… la Corte suprema che non protegge gli israeliani e serve il nemico…Tutti elementi da arginare, come i tribunali che decidono contro la volontà del popolo.

L’Organizzazione dei familiari dei caduti israeliani e palestinesi ha voluto tenere, come già tredici anni fa, una cerimonia con la partecipazione fra gli altri di duecento palestinesi dei territori occupati.

Per tutta risposta il ministro della difesa Avigdor Lieberman ha annunciato che non avrebbe permesso questo «oltraggio alla memoria dei caduti» impedendo la partecipazione dei palestinesi.

Così solo all’ultimo momento la Corte suprema ha dato il permesso a novanta palestinesi (anche gli stessi servizi segreti non erano contrari all’iniziativa); così Lieberman ha scritto su twitter che per la Corte tutti i morti sono uguali e che in questo modo si alimentano le divisioni in seno al popolo. Ma settemila israeliani hanno partecipato all’evento, protetti da un cordone di polizia e attaccati da manifestanti fascisti.

Ecco le parole dello scrittore David Grossman, che durante la guerra del 2006 perse il figlio: «Se i palestinesi non avranno una casa, non l’avranno nemmeno gli israeliani… il lutto ci fa vedere le cose con maggiore chiarezza, per esempio riguardo ai limiti dell’uso della forza…» Poi, dopo poche ore, il lutto ha lasciato il posto alla celebrazione che è iniziata nella notte tra mercoledì e giovedì. Ma niente potrà far dimenticare che l’Indipendenza non c’è, perché un popolo che ne opprime un altro non può dirsi libero.

I fuochi artificiali, le marce dell’odio e del razzismo protetto o giustificato dalla paura che i nostri leader alimentano, non potranno nascondere che questi sono giorni di occupazione, oppressione, morte violenta e ingiustificata di tante persone.

Non è così che si costruisce un futuro migliore. Nel 70esimo anniversario dell’Indipendenza, Israele si è preparata a una parata della paura che contribuirà a farci sprofondare in un pantano, pieno del sangue di due popoli.