La fiamma accesa da Linda Bimbi, una delle figure più significative del secondo Novecento, non ha perso nulla del suo calore. Ripercorrendo il suo pensiero e la sua esperienza attraverso un’antologia di testi scritti fra il 1971 e il 2007, il volume Tanti piccoli fuochi inestinguibili, edito da Nova Delphi (pp. 387, euro 25), ha il merito di far emergere, al di fuori di ogni ricostruzione agiografica, «l’attualità e la ricchezza del suo pensiero e della sua azione al servizio degli ultimi», come scrive il curatore Andrea Mulas. E quanto la sua memoria resti viva lo spiega bene nella prefazione il premio Nobel per la pace argentino Adolfo Pérez Esquivel – che con Linda Bimbi ha condiviso l’impegno contro guerre a bassa intensità, conflitti e dittature imposte in America Latina – ricordandone la presenza, scrive: «in tutto ciò che negli anni hai seminato e che, come il seme del grano che cade in una terra fertile e dà frutti, è germogliato nella mente e nel cuore di chi ti ha conosciuto».

IL LIBRO raccoglie i testi, per lo più inediti, da lei scritti «sull’America Latina e i diritti dei popoli» a partire dal 1971, due anni dopo la sua fuga dalla repressione della giunta militare in Brasile (dove negli anni sessanta era partita missionaria) e il suo ritorno in Italia, dove subito avrebbe avuto inizio la sua stretta collaborazione con Lelio Basso. È al suo fianco che avrebbe lavorato al Tribunale Russell II sui crimini commessi dai regimi dittatoriali in Brasile, Cile e America Latina, diventando l’anima della Fondazione internazionale Lelio Basso e molto altro ancora, sempre presente, secondo le parole di Pérez Esquivel, «ovunque ci fosse bisogno di una mano amica e fraterna per condividere con tutti il pane e la libertà». Una presenza sempre plurale, però, non potendo la vita di Linda Bimbi essere disgiunta da quella della sua comunità, il gruppo di donne che come lei avevano deciso di rinunciare ai voti in nome della libertà spirituale e della fedeltà al messaggio evangelico.

ATTRAVERSO i suoi scritti rivivono così gli anni della teologia della liberazione – a cui Bimbi attribuisce il merito di una rottura «non solo teologica, ma politica» -, delle dittature latinoamericane, del Tribunale permanente dei popoli, del progetto di «introdurre nel diritto internazionale classico, che riguarda solo gli Stati, il diritto dei popoli», della nascita di un nuovo modo di intendere i rapporti tra Nord e Sud del mondo. Ma, dalle pagine del libro, emergono al tempo stesso i tratti principali della ricca personalità di Linda Bimbi, come evidenzia nella postfazione il presidente della «Fondazione Basso» Franco Ippolito: l’«indifferenza alle etichette» rispetto alla sostanza dell’impegno, l’«autentica laicità», la gioia di vivere. Una gioia che, come lei stessa riconosceva, nulla può avere di spontaneo: «È il frutto di tensione etica, di senso della vita ogni giorno riscoperto; sopravvive anche nei contesti misteriosi del dolore. Basta saperla coltivare».