«Nessuno in questo periodo ha la bacchetta magica – sostiene Chiara Saraceno, docente a Torino e a Berlino, tra le maggiori esperte di Welfare in Italia – ma forse nel suo discorso Letta avrebbe dovuto promettere un po’ di meno. L’unica promessa che ha fatto è stata la richiesta di Berlusconi, quella di eliminare l’Imu».

È ragionevole, altrimenti il Pdl toglie la fiducia a un governo appena nato…

Appunto. Poi dicono che la rimoduleranno e che non la cancellano. Comunque sia l’Imu sarà ridotta, ma non necessariamente ai più poveri.

Cosa non la convince nel programma di governo?

Il fatto che si proclama un programma di governo che richiede più risorse per finanziare la Cassa integrazione, risolvere il problema degli esodati o estendere gli ammortizzatori sociali ai precari e l’unica iniziativa concreta è il blocco di una risorsa certa che è l’Imu. Io ero già convinta che togliere l’Ici fosse un errore, poi l’Imu è stata introdotta in modo selvaggio, senza alcun riferimento al valore reale di mercato che non è il valore catastale e neppure al reddito delle famiglie. C’è poi da considerare che in tutti i paesi la prima casa è tassata, con criteri chiari. Che cosa significa togliere l’Imu allora? Che l’Italia non tasserà la prima casa? Capisco che è un annuncio che serve a acquistare popolarità, ma quando le famiglie capiranno che gli restituiscono con una mano ciò che tolgono con l’altra la situazione non sarà affatto più semplice di quella di oggi.

Anche se Letta ci riuscisse, mi sembra comunque difficile che salteranno fuori, restando i vincoli attuali.

Non trova sorprendente che, per la prima volta in Italia, un presidente del Consiglio evochi l’idea di un «welfare universale»?

È un concetto che arriva in Italia con una ventina d’anni di ritardo rispetto a molti paesi, dopo tutte le nostre analisi. In effetti colpisce questo proposito di riformare un Welfare orientato al maschio lavoratore, alle pensioni e alla sanità. Questo vorrebbe dire estendere gli ammortizzatori sociali in maniera più universale, creare servizi di conciliazione, quelli per i non autosufficienti, adottare il reddito minimo…

Che sarà riservato a famiglie bisognose e con molti figli…

Si, ma potrebbe anche essere un modo per cominciare…

Beh, potrebbe essere anche l’ultima cosa che fanno…

Il rischio è quello. Ad essere salvaguardati sono solo gli esodati, che sono dei poveri disgraziati, ma sono gli unici per i quali è stato preso un impegno. Il governo non parla inoltre di riformare gli ammortizzatori sociali, mentre rifinanzierà la cassa integrazione speciale, cioè un ammortizzatore sociale che avrebbe dovuto andare in esaurimento.

L’Aspi,uno dei pilastri della riforma Fornero, sarà estesa ai precari?

L’Aspi non è ancora entrata in vigore. È stata prorogata. Non sappiamo nemmeno come funzionerà. Anche qui, bisognava introdurre un’indennità di disoccupazione più generosa, universale, per tutti quelli che perdono il lavoro, ma è stato scelto di non farlo. Anche perché i mercati non lo hanno voluto.

Perché si cambierà il contratto a termine?

La cosa buona della riforma Fornero è stata quella di far costare un po’ di più il lavoro a termine, ma è diventata controproducente perchè le imprese hanno smesso di assumere. Per questo si torna indietro.

Perché si continua ad insistere ossessivamente sull’apprendistato per contrastare la disoccupazione giovanile anche se è una misura fallimentare?

Negli ultimi dieci anni sono state introdotte tante norme nel mercato del lavoro, ma sono state utilizzate in modo opposto rispetto alle intenzioni. Gli imprenditori le hanno usate per abbassare il costo del lavoro, non per investire o formare le persone. L’apprendistato viene usato perchè costa poco. In Italia l’apprendista è ancora il ragazzo di bottega che l’impresa paga meno per fargli imparare un mestiere, ma senza investire su di lui.

Come funziona l’apprendistato in Germania, la nazione presa ad esempio dagli italiani?

Il sistema tedesco è molto segmentato, se si entra in un percorso non si può più facilmente cambiarlo. Inizia molto presto, dalla quinta elementare. Non è certamente il modello che io sceglierei per l’Italia, ma è un modello coerente con il loro sistema produttivo: ciascuno al proprio posto e ciascuno trova il posto di lavoro a cui è stato destinato. Quello che in Italia viene chiamato apprendistato è invece quello che si fa alla Mcdonald’s.Oltre tutto è inutile perché dura fino ai 24 anni, mentre la disoccupazione giovanile peggiora dopo. L’«apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere» dura inoltre fino a 29 anni. Bisogna disincentivare abusi di questo tipo. Vuol dire che ai datori di lavoro è stata data un’arma per avere manodopera a basso prezzo, su cui fare turn-over continuo. Significa che investiranno pochissimo nella formazione di queste persone. È una tragedia, siamo tornati ai contratti di formazione-lavoro quando l’Italia è stata messa in mora dalla Comunità Europea dove questo tipo di contratti valevano fino ai 24 anni, e invece da noi andavano avanti fino ai 29 e nel Mezzogiorno

Qual è il problema strutturale del mercato del lavoro italiano?

Non quello del costo del lavoro, della sua rigidità, o dell’articolo 18, come si è detto per anni, ma la scarsità di domanda di lavoro. Il limite è il sistema, non i lavoratori. Non solo. Pensiamo al grande sviluppo del Nord-Est dagli anni Settanta. Era dovuto agli operai specializzati che erano andati in Germania, e poi sono rientrati. Questo circuito si è interrotto. Oggi il nostro non è un problema di ingegneri che vanno